Taranto: migliaia in piazza contro il decreto Salva Ilva
TARANTO – Erano migliaia stamani, domenica 7 aprile, i tarantini che si sono riversati in piazza. Migliaia a ribadire il loro “no” forte e chiaro al decreto ‘Salva Ilva’, approvato prima con un decreto dal governo Monti e poi dal Parlamento e che, il 24 dicembre scorso, ha consentito allo stabilimento siderurgico la ripresa della produzione dell’area a caldo dopo il sequestro degli impianti avvenuto in estate da parte della Magistratura.
Accanto ai cittadini, oggi, pure la stampa e le televisioni locali e nazionali che – dopo aver fatto passare in sordina la manifestazione indetta lo scorso 15 dicembre – hanno finalmente acceso i microfoni per dare voce a tutti coloro che da tempo combattono l’ormai noto mostro d’acciaio. A Taranto non c’è più spazio per i “forse” e per i “ma” e nonostante la sfiducia di molti cittadini, la speranza che la Corte Costituzionale propenda per la cancellazione di una legge che, a detta di molte associazioni ambientaliste, “mette un freno alla magistratura che indaga sui reati contro l’ambiente e la salute”, continua ad esistere e resistere.
In prima fila, a guidare il lungo serpentone che dall’Arsenale Militare si è snodato fino a piazza della Vittoria nel centro di Taranto, c’erano medici con il camice bianco, infermieri, terapisti e mamme con bambini. “Corte Costituzionale, ricordati di me”, è stato uno degli striscioni sventolati da un bambino malato di tumore. Sì, perchè a Taranto di Ilva si muore. Si muore da più di 50 anni e da qualche giorno pare addirittura che i fumi del grande stabilimento industriale non lascino in pace nemmeno i morti. “Non possiamo più seppellire i nostri cari – denuncia Serena, una giovane studentessa -; la terra è contaminata e da tre settimane ci sono persone che pagano sei euro al giorno per conservare i defunti nelle celle frigorifere del cimitero dei Tamburi (un quartiere di Taranto ndr), neanche fosse carne da macello”.
“Questa manifestazione – commenta Fabio Matacchiera, Fondo Antidiossina, raggiunto da Firenze Post – testimonia la grave situazione che Taranto sta subendo. Il decreto che qualcuno chiama ‘Salva Ilva’ è stato fatto ad hoc per salvare l’acciaio e non i tarantini. Vogliamo che le voci che si sono levate oggi siano un grido d’allarme contro qualcosa che da anni è causa di morte e disfatta. L’obiettivo è eliminare la fonte inquinante ed invogliare lo Stato ad interessarsi a Taranto e sconfessare i politici che dicono che l’Ilva ha fatto tanto per la città”; e che – aggiungiamo noi – probabilmente non hanno mai vissuto a Taranto toccando con mano i disagi e il dramma di abitare a ridosso dello stabilimento così come fanno centinaia di cittadini costretti a confinarsi entro le quattro mura del loro appartamento, finestre sbarrate, pur di non respirare la micidiale polvere rossa. “Bisogna avere coraggio per affrontare il cambiamento”, conclude lapidario Matacchiera.
Parlare di numeri è superfluo, i fatti dicono che l’adesione è stata altissima e questo basta per sostenere l’importanza di uno dei messaggi che i tarantini e coloro che a Taranto non vivono più ma continuano, pur da lontano, a sostenere la causa “anti-Ilva”, lanciano: “vogliamo respirare aria pulita e smettere di morire per la diossina”.
Martedì, 9 aprile – quando la Corte Costituzionale deciderà la legittimità o meno della legge 231 – le associazioni ambientaliste e i cittadini che vorranno aderire all’impresa saranno di fronte al Parlamento a Roma per presentare ai parlamentari una proposta di legge con un solo articolo al fine di chiedere l’abrogazione della legge Salva Ilva.
Domenica 14 aprile, invece, sarà indetto un referendum in cui saranno proposti due quesiti: uno riguardo la chiusura dell’Ilva e l’altro sull’Area a caldo.
paola
“Perchè a Taranto di Ilva si muore”.. parole sagge.
Grande articolo!
attikus
Prima di salvare l’Ilva dovranno andare in galera riva ed i dirigenti criminali che se la ridevano dei morti causati dalle loro scelleratezze.
Stefano Cecchi
Ottimo articolo, lo condivido in pieno….
marianna
ottimo articolo!! ci vorrebbero più giornalisti come te…attenti ad una questione così importante.