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Riccardo Azzurri a Solliccianino

Solliccianino: dietro le sbarre c’è anche musica

Riccardo Azzurri a Solliccianino
Riccardo Azzurri a Solliccianino

Venerdì 3 gennaio 2014 la Casa circondariale «Mario Gozzini» di Firenze, chiamata «Solliccianino», ha ospitato un concerto del cantautore fiorentino Riccardo Azzurri. Ecco la cronaca di quel pomeriggio, attraverso le parole di una persona detenuta e dello stesso Azzurri, che ci ha autorizzato a riprenderle dal suo blog.

Concerto dietro le sbarre al «Mario Gozzini»

Sono le ore 15, la sala dove vengono realizzati gli spettacoli e gli eventi è piena di persone. Un fruscio di voci risuona in tutti i corridoi. Il clima è quello dell’attesa. Si tratta di un concerto, per meglio dire uno spettacolo musicale. Infatti il cantautore fiorentino Riccardo Azzurri, accompagnato dal tecnico Roberto Sadocco, si esibirà intrattenendo gli ospiti del Gozzini per alcune ore. Ricordiamo che Riccardo Azzurri ha partecipato al Festival di San Remo nel 1983 e nel 1979 accompagnò Claudio Baglioni nella memorabile Tournee «Tu come stai…»

L’ATTESA – Un avvenimento particolare, che ha subito coinvolto tutti. Il clima è caldo e pieno di emozioni che trapelano dagli ospiti. Riccardo si è subito rivelato essere una persona coinvolgente, oltre che un bravo cantante e cantautore. I suoi aneddoti legati ai nomi più o meno conosciuti del mondo della musica ci hanno divertito ed interessato, e la sua interpretazione di alcune loro canzoni ci ha coinvolto così tanto che la sala cinema è diventata un coro totale ed avvolgente da vero concerto.

CARLO MONNI – Quando poi ci ha raccontato della sua amicizia con Carlo Monni e poi cantato la canzone che Riccardo gli ha dedicato, allora ci ha veramente preso l’anima ed il cuore. Non volevamo che terminasse, ma il tempo è tiranno e quando ci ha avvertito che doveva fare l’ultimo pezzo, noi non eravamo certo d’accordo e glielo abbiamo dimostrato con tutto il nostro entusiasmo.

LA PROMESSA – Gli abbiamo però fatto promettere che sarebbe ritornato e siamo certi che lo farà presto, perché, è necessario precisare, che il carcere, al di là degli avvenimenti come questo, non è un luogo di villeggiatura, tanto per sfatare i numerosi luoghi comuni. È vero, talvolta si organizzano eventi come questo, però, nell’ordinarietà della vita quotidiana, le regole che scandiscono le ore, le giornate, non permettono certo di vivere in un clima di spensieratezza e serenità.

Sandro F.
Persona detenuta a «Solliccianino»

La musica fa «evadere» la mente

Riccardo Azzurri
Riccardo Azzurri

ALCATRAZ – Nel film non mi faceva lo stesso effetto quando a Steeve McQueen veniva chiusa alle sue spalle la grande porta di San Quintino nelle scene di «Fuga da Alcatraz», ma oggi entrando nel Carcere Mario Gozzini (Solliccianino) quando si è richiusa quella enorme porta di ferro alle mie spalle non mi ha inquietato mi ha solo molto rattristito. Il mondo con le sue pulsazioni era lontano mille chilometri. E la cosa che mi ha fatto riflettere è che non c’erano i rumori, i soliti quelli a cui siamo abituati. Ci accoglie un Agente nativo di Vibo Valentia di quella terra meravigliosa della Calabria e quella enorme chiave ottonata che porta attaccata alla cintura ci apre a me e a Roberto il teatro del carcere, dove in fretta scarichiamo gli strumenti per poi andare a prendere un caffè alla mensa.

APPUNTAMENTO – L’appuntamento è per le 15 ma i «ragazzi» arrivano prima, per familiarizzare con noi e per prendere posto. Sono per lo più ragazzi giovani (di cui userò nomi fittizi). Carlo mi raggiunge per raccontarmi in dialetto romanesco che lui è un «rapper» e che scrive canzoni. Francesco è albanese e consegna fiero a Roberto un Cd di musica balcanica: vuole a tutti i costi farla ascoltare, e noi lo accontentiamo. Gianni è il batterista ufficiale del carcere dice di essere zingaro ma vuole prepotentemente sentirsi italiano. In una stanza che mi viene aperta trovo con stupore una piccola sala prove con tastiera, batteria, chitarra e basso elettrico con relativi amplificatori. Tutto questo mi riempie di gioia, la musica riesce comunque a far «evadere» la mente, cosa che dirò alla apertura del concerto ricevendo non poche ovazioni.

LA PRIMA CANZONE – Dopo le frasi di rito, comincio con la prima canzone. Non ero tranquillo dovevo percepire ciò che i ragazzi in silenzio trasmettevano, ma la voglia di farsi coinvolgere è stata più forte della diffidenza e di quel rancore per essere chiusi lontani dal mondo. È stato un susseguirsi di cori e di canti con un profondo rispetto l’uno per l’altro con una compostezza indescrivibile. Stupenda la Direttrice, le Assistenti, il Padre spirituale e perfino gli agenti coinvolti tutti nella grande festa dove vinceva in un ambiente tetro e di rigore solo lei: «la musica». Alle 17 mi hanno annunciato di fare l’ultimo brano, è stato un boato poiché nessuno voleva smettere di cantare. È stato bellissimo.

OCCHI UMIDI – È seguito un rinfresco ed i ragazzi ad uno ad uno sono venuti a salutarmi con parole che hanno lasciato un solco in me. Giovanni ha voluto la mia mail perché tramite le Assistenti vuole spedirmi alcuni testi per essere musicati ed io ho promesso di accontentarlo. Per ultimo Carlo sempre in dialetto romanesco si avvicina e dice : «a’ Riccà….se revedemo, ma fori però!». Il cancello si apre e con Roberto usciamo, con gli occhi un po’ umidi, felici di questa esperienza ma con una vena di tristezza che si attorciglia al cuore.

Riccardo Azzurri
http://riccardoazzurri.wordpress.com

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