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Firenze, monsignor Livi: «Vi racconto i miei cent’anni: un volo…» (Video)

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FIRENZE – «I miei cento anni? Sono stati un volo, li ho vissuti con una tale intensità che quasi, mi creda, non ho avuto la possibilità di accorgermi che stavano passando. Per questo ringrazio Iddio, che mi ha fatto diventare suo ministro, e i miei genitori per il Dna che hanno saputo trasmettermi…».

Così, con grande semplicità, monsignor Angiolo Livi, priore di San Lorenzo riassume e racconta il suo secolo di vita. E’ nato a Firenze, in via Palazzuolo, il 31 marzo 1914. E lunedì prossimo, appunto il 31 marzo 2014, sarà festa grande intorno a lui. Non solo per il traguardo anagrafico, ma anche perché lo raggiungerà in piena attività di servizio: dice messa tutti i giorni e manda avanti personalmente la basilica e la parrocchia. Un fenomeno? Sì: d’impegno, vivacità, devozione. Capace di allungare, giorno dopo giorno, una storia straordinaria. Pensate: era prete da un anno, a Montespertoli, quando il suo primo vescovo, Elia Dalla Costa, chiuse le finestre dell’Arcivescovado le porte del Duomo al passaggio del corteo di Hitler e Mussolini. E stava per scoppiare la seconda guerra mondiale quando un ragazzino, che si chiamava Lorenzo Milani, gli chiese di servire la messa annunciando che anche lui avrebbe preso i voti. Ancora: smise di fare il “prete di campagna”, trasferito da Palazzuolo sul Senio a Firenze, alla chiesa di San Simone, lì di fronte al gelataio Vivoli, il 4 novembre 1966. L’Arno, proprio quel giorno, non gli fece dir messa: sommerse l’altare e la sacrestia.

La basilica di San Lorenzo, a Firenze
La basilica di San Lorenzo, a Firenze

Teologo e dantista citato nei saggi, Angiolo Livi (“ Sì, Angiolo, non Angelo: la mi’ mamma mi chiamava Angiolino…”) dimostra di avere una memoria eccezionale rivisitando d’un fiato, quasi in un’entusiasmante romanzo, questi cent’anni cominciati prima che scoppiasse la prima guerra mondiale, il “Guerrone”, con il suo babbo chiamato sotto le armi, a combattere, e lui che andava con la nonna alla messa nella chiesa di Santa Lucia sul Prato, eppoi al catechismo da “don Brioscia” (un prete che la domenica regalava le briosce a chi faceva la comunione) e a scuola da i’ Nappa, ossia un professore dell’Istituto Demidoff chiamato così per via del nasone che si ritrovava. Perchè volle entrare in seminario? Ricorda perfettamente il momento della scelta: o della Chiamata. L o racconta come se lo stesse rivivendo: “Ero un ragazzino quando una sera, nel giardino Demidoff, vidi i miei compagni che avevano smesso di giocare e si erano messi in fila in fila. Sui gradini del monumento c’era una bambina della nostra età che si faceva toccare. Dissi a me stesso: non ci vado, perché come potrei andare, dopo, a servire la messa e a fare la comunione? Non ci andai. Capii in quell’attimo che Gesù mi aveva scelto…”.

La vita di monsignor Livi è inanellata di storie. Anche difficili. Per esempio in Terra Santa, quando il vescovo Antgonelli gli affidò una missione nei territori palestinesi. Lavorò tanto e alla fine il patriarca Michel Sabbah lo nominò canonico onorario della basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Sostiene che ci dev’essere dialogo con i musulmani: “Non dico che iniranno per venire in chiesa, ma io aspetto: col tempo e con la paglia…”. Non vuole parlare dei banchi di San Lorenzo: rammenta solo che, nei secoli passati, le licenze per aprirli venivano date a chi era stato in carcere, perché si reinserisse, e alle donne che uscivano dalle cas chiuse. E’ preoccupato per Sant’Orsola: e anche un po’ irritato con Matteo Renzi che, molto prima di diventare premier, quand’era solo presidente della Provincia , gli promise il restauro del vecchio convento.

Monsignor Angiolo Livi durante l'intervista con Sandro Bennucci, direttore di FirenzePost
Monsignor Angiolo Livi durante l’intervista con Sandro Bennucci, direttore di FirenzePost

A monsignor Livi Firenze piace sempre? Un po’ meno di prima. Spiega: “Questa era la culla della cultura europea: venivano Manzoni, D’Annunzio, gli inglesi. Ho scoperto che Dante è temuto dagli intellettuali. Lo definiscono oscuro: prevalgono i ricordi negativi e di noia dei banchi di scuola. Invece i contadini nutrono grande amora per la ‘Commedia’. Sarà che io sono stato lungo prete di campagna”.

Ma come mai il cardinale Silvano Piovanelli, novantenne, si è ritirato da tempo nella quiete di Cercina e monsignor Livi è sempre in prima linea, nei panni di priore di San Lorenzo? Risposta olimpica: “Nel 1989, a 75 anni, scrissi la lettera di dimissioni proprio a Piovanelli, allora vescovo. Che non mi rispose mai. Così presi la decisione: siccome non ero e non sono ringrullito, resterò al mio posto fino a quando il Signore lo vorrà”. Il 31 marzo, nel giorno in cui spengerà le fatidiche cento candeline, lo festeggeranno con convegni, preghiere e la messa solenne (alle 18), con il cardinale Betori e una sorpresa che non si dovrebbe anticipare: gli auguri di Papa Francesco. Auguri speciali. Per lo speciale, e attivissimo, monsignore centenario.

PROGRAMMA DEI FESTEGGIAMENTI

Domenica 30 marzo. Alle 11 mons. Livi presiederà la messa; dopo la celebrazione festa nel chiostro e poi il pranzo nel Salone di Donatello. Nel pomeriggio giochi per i bambini e il concerto del Conservatorio Cherubini. La sera alle 19 un “Concerto in forma di preghiera” a cura dell’Associazione “La Pasqua di Bach”.

Lunedì 31 marzo, giorno del compleanno, alle 14.30 un convegno di studi in Basilica dal titolo “Il priore e le lettere. Angiolo Livi e l’umanesimo laurenziano”.

Alle 18 sempre in Basilica la concelebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo di Firenze, card. Giuseppe Betori con le musiche di Mozart (Messa breve K.194), direttore il maestro Mario Ruffini.


Sandro Bennucci

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