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Palazzo Chigi, sede del Governo italiano

Palazzo Chigi e il caso Manzione: prove di resistenza al piccone di Renzi

Palazzo Chigi, sede del Governo italiano
Palazzo Chigi, sede del Governo italiano

ROMA – Continua ad essere vuota la casella «Uffici di diretta collaborazione del Presidente» nel sito internet del Governo italiano. Una sorta di «stiamo lavorando per voi» che Matteo Renzi, a 47 giorni dal suo insediamento a Palazzo Chigi, sembra aver problemi a completare. È più facile varare in poche settimane una riforma costituzionale che abolisce uno dei due rami del Parlamento, che riuscire a completare le caselle del proprio staff.

Antonella Manzione
Antonella Manzione

LADY DI FERRO – Un caso emblematico è quello di Antonella Manzione, direttore generale del comune di Firenze e comandante della Polizia Municipale del capoluogo toscano. Avvocato e soprannominata «lady di ferro» di Palazzo Vecchio, Manzione riscuote la massima fiducia del premier, al quale in più di un’occasione ha levato le castagne dal fuoco, durante il suo mandato da sindaco di Firenze. E Renzi, riconoscente, la vorrebbe a Palazzo Chigi alla direzione del delicatissimo «Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi», in sigla «Dagl».

DAGL – Poco noto, anzi – diciamolo – totalmente sconosciuto al grande pubblico, il Dagl è in realtà la «sala macchine» di Palazzo Chigi: l’anticamera degli atti normativi, prima che vengano decisi dal Consiglio dei Ministri. Che, in ogni seduta, ne può sfornare anche a decine. E se non c’è fiducia in chi li guarda preventivamente la macchina si blocca.

TRASFERIMENTO – E qui cominciano i problemi. Le voci sul «trasferimento» della Manzione cominciano a circolare, escono sulla stampa: prima a Roma, strano caso, poi riprese a Firenze. Tutti si precipitano a farle i complimenti. A cominciare dallo stesso vice sindaco Dario Nardella, che a sua volta freme per completare l’organigramma della «sua» squadra, qualora vincesse le elezioni comunali e prendesse il posto di Matteo Renzi nella sala di Clemente VII a Palazzo Vecchio.

PRECEDENTE – A Palazzo Chigi invece le facce cominciano a diventare scure. Suona male un avvocato-vigilessa a capo del Dagl, posto attualmente occupato da Carlo Deodato, consigliere di Stato come tutti quelli che lo hanno preceduto. Non ce l’hanno con la Manzione in quanto tale, ma con il fatto che il suo arrivo potrebbe creare un pericoloso precedente per l’inossidabile classe dirigente dei palazzi romani. Quella che è sempre restata, mentre i politici sono passati.

BLOCCO – Ed ecco allora che spunta la notizia di ieri – arrivata ancora una volta da Roma – che la Corte dei Conti avrebbe «bloccato» la nomina della Manzione. Con la motivazione che quell’incarico deve spettare a un dirigente dello Stato o un magistrato e non a un dirigente di un ente locale, come è il comune di Firenze. A qualcuno suona strano. Prima di tutto perché c’è già il «precedente» del potentissimo Segretario Generale di Palazzo Chigi Mauro Bonaretti, già Direttore generale del Comune di Reggio Emilia durante il mandato di sindaco di Graziano Del Rio, attuale Sottosegretario alla presidenza del Consiglio. In secondo luogo, ma ancora più importante, perché la Corte dei Conti non può ancora aver «bloccato» nulla perché di fatto la nomina della Manzione non sembra essere mai partita né quindi mai arrivata. Solo tanti «si dice», tanti sms, ma ancora nessun foglio di carta firmato.

PICCONE – La situazione dovrà sbloccarla solo Matteo Renzi. Per certo il suo piccone comincia a preoccupare e la casta si arrocca a difesa. Bisognerà vedere quanta forza (e voglia) il premier abbia di contrastarla, per ritrovarsela contro. Resta comunque il fatto che, se non riesce neppure a formare la sua squadra di collaboratori al governo, il suo mandato comincia tutto in salita. E non è un caso che proprio a Palazzo Chigi, qualcuno lo chiami già con l’appellativo di «Presidente del Consiglio pro-tempore».


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Sandro Addario

Giornalista

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