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Roberto Benigni

Benigni, dal «Wojtylaccio» ai Dieci Comandamenti. E la Rai gli paga 2 milioni

Roberto Benigni
Roberto Benigni

FIRENZE – Più di trent’anni fa Roberto Benigni fu condannato (e poi assolto in appello) per bestemmia e turpiloquio, durante la festa nazionale dell’Unità di Reggio Emilia nel settembre 1983. Stava facendo uno spettacolo satirico sui 10 Comandamenti. Quello stesso Benigni che nel 1980 al Festival di Sanremo uscì, davanti ad un esterrefatto Pippo Baudo, con la celebre battuta «Wojtylaccio» indirizzata a papa Giovanni Paolo II.

I tempi cambiano e le situazioni si evolvono. La Rai gli affida proprio il commento dei «Dieci Comandamenti», senza intermezzi pubblicitari, andato in onda ieri sera 15 dicembre, con la seconda puntata stasera alle 21.15 su Rai 1. Il tutto per almeno 2 milioni di euro per 2 serate, ma ci sono voci su un cachet complessivo di 4 milioni, che comprenderebbe un nuovo programma sulla Divina Commedia. Ormai il «verbo» (a pagamento) di san Roberto da Vergaio viaggia verso le massime vette di ascolto, la cosa che maggiormente interessa a viale Mazzini. Da che pulpito venga la «predica» biblica è affare secondario. I successi delle letture dantesche, non solo dell’Inferno ma soprattutto dell’ultimo canto del Paradiso, fanno storia.

E anche questa volta Benigni, ormai collaudato, non delude le attese. Parte come sempre dalla politica attuale: «politici, consiglieri, imprenditori hanno fatto in modo di violare tutti e 10 i Comandamenti, forse perché sapevano che stavo arrivando. Stanno arrestando tutti» commenta sul caso Mafia Capitale. Come pure «Renzi è andato in Vaticano a cercare spunti per la riforma elettorale. Alle elezioni chi vince governa a vita senza opposizione: ecco, invece dell’Italicum, vorrebbe il Vaticanum».

Ma è nella narrazione commentata dei primi tre comandamenti che Benigni dà il meglio di sé, con il consueto fazzoletto asciuga sudore a portata di mano. È tutta una (convinta?) esaltazione di Dio e della sua forza. Quel Dio che sceglie proprio il balbuziente Mosè per guidare il popolo degli Ebrei dall’Egitto verso la Terra promessa. Così la Bibbia, raccontata da Benigni in stile «breaking news», scorre facile e comprensibile agli orecchi della maggior parte dell’audience. Un po’ meno a chi la materia la conosce più e meglio di Benigni.

Lo spigolo del 2° comandamento («Non nominare il nome di Dio invano»), che potrebbe ritorcersi contro lo stesso attore-predicatore toscano, viene superato alla grande. «A Dio piace essere nominato – dice Roberto – ma non invano. Non è una questione di parlarne male. La bestemmia è una manifestazione di stupidità, di volgarità, offensive per tutti. Nella Bibbia invece la bestemmia è un’altra cosa: il nome di Dio non deve essere usato invano». Poi incalza: «Nella storia si è ucciso più in nome di Dio che di qualsiasi altra cosa. Questa è la sola, vera, unica e tragica bestemmia».

Finisce la prima serata, il primo milione di euro è assicurato. Stasera tocca al secondo. I commenti sul web si sprecano. Tra i tanti ce n’è uno su Twitter: «Lo sapete che la Bibbia edizioni Paoline costa solo 9 euro?»

ARTICOLO SUCCESSIVO:

17 dic 2014 – Benigni, dopo i Dieci Comandamenti ora è pronto per la porpora cardinalizia


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Sandro Addario

Giornalista

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