Ue, fiscal compact: abolirlo, modificarlo o mantenerlo, queste le opzioni al vaglio dei 27 Stati membri
Nell’attesa dell’esame che la Commissione Ue farà dei nostri conti pubblici e della legge di stabilità, si torna a parlare del Fiscal Compact che imprigiona entro stretti vincoli le politiche finanziarie e di bilancio degli Stati Ue. Nell’ambito dei quali esistono posizioni diversificate: chi vuole mantenere le regole esattamente come sono e farle rispettare con il massimo rigore; chi è per lasciarle immutate, ma applicarle con più flessibilità; chi vuole cambiarle, migliorandole e infine chi vuole farle sparire del tutto. A quindici mesi dalla sua scadenza, che coincide con la sua cristallizzazione nei trattati europei, il Fiscal Compact è un cantiere aperto.
BRATISLAVA – Le dichiarazioni rese già a Bratislava da Matteo Renzi, poi reiterate in successive occasioni, dimostrano che la partita è iniziata e sembrano inserire l’Italia nell’ultima delle categorie sopra elencate, quella che vuoleeliminarle perché la politica di austeriry ha prodotto più guasti che vantaggi. Teoria contestata dalla cancelliera Merkel e soprattutto dal suo ministro, il falco Schaeuble. Ma la questione è molto complessa e anche se la partita si gioca su un terreno tecnico, gli schemi in campo sono politici.
REGOLE – Il Fiscal Compact (tecnicamente si chiama «Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance dell’Unione economica e monetaria») fissa le regole di finanza pubblica (pareggio di bilancio, tetto del 60% nel rapporto debito/Pil e del 3% in quello deficit/Pil). Si tratta di un accordo intergovernativo, che dovrà essere incorporato nei trattati europei “entro cinque anni” dalla sua entrata in vigore, avvenuta il 1° gennaio 2013. Dunque entro il 1° gennaio del 2018. È per questo che il tema terrà banco nell’agenda europea in questi ultimi mesi del 2016 e in tutto il 2017. Un periodo in cui sono anche fissate importanti scadenze elettorali: il referendum in Italia (4 dicembre 2016) e le elezioni politiche in Olanda, Francia e Germania (2017). Guarda caso, proprio i Paesi dei principali protagonisti di questa partita.
EUROGRUPPO – A Bratislava, il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem ha sottolineato l’importanza della questione. L’olandese, un socialdemocratico con la fama di “falco”, ha aperto a un cambio delle regole, ma non assolutamente all’abolizione del patto. Auspica che si arrivi a un accordo «più prevedibile, più semplice e più comprensibile». Così, al termine della riunione nella capitale slovacca, ha preannunciato che una proposta dell’Eurogruppo potrebbe arrivare già a dicembre. Ma poche ore dopo il tema era sparito dall’agenda dell’Ecofin. La Germania non vuole cambiare le regole e punta a far inserire il Fiscal Compact così com’è nei trattati europei.
JUNCKER – Anche il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, è contrario a una revisione del Patto. Ma a differenza dei tedeschi è convinto che serva un’applicazione più morbida, con una “flessibilità intelligente”. Più controversa la posizione dei francesi: la “necessità elettorale” (nel 2017 ci sono le presidenziali)di chiedere regole meno severe trova ostacoli nelle intese con Berlino.
PADOAN – Il ministro italiano Pier Carlo Padoan tiene a promuovere una sostanziale revisione, sostenuto anche dai tecnici del Tesoro, convinti che una discussione sulla revisione delle regole del Patto per il futuro possa aiutare a ottenerne un’interpretazione meno restrittiva nell’immediato.
RENZI – Ma la strategia di Renzi, ora, sembra diversa. In numerose occasioni, soprattutto in tema di politica dei migranti, è partito a testa bassa all’attacco contro l’Unione Europea e ritiene opportuna una soluzione drastica, uscire dal Fiscal Compact. Brunetta gli ha ricordato però che, anche arrivando a quella conclusione, l’Italia resterebbe comunque vincolata alle altrettanto rigide regole previste dal Six Pack e dal Two Pack. «L’unico vincolo di cui ti libereresti – ha detto l’ex ministro di Forza Italia rivolgendosi al premier – sarebbe quello dell’equilibrio di bilancio, se non fosse che l’abbiamo inserito nella nostra Costituzione». Dunque, in attesa di vedere se l’Europa approverà la forzature inserite nella legge di Stabilità, che vanno al di là di quanto inizialmente concordato, Renzi si prepara a due battaglie fondamentali: il referendum istituzionale del 4 dicembre sul fronte interno e le modifiche alla politica restrittiva dell’Ue sul fronte europeo. Ma intanto vola a New York con Agnese dall’amico Obama per ottenere aiuto, conforto e sostegno per il prossimo futuro. Anche se il presidente Usa è agli ultimi sgoccioli del mandato e non è che poi in otto anni abbia ottenuto risultati strabilianti, anzi. Ma entrambi, Renzi e Obama, sono molto abili a gettare il fumo negli occhi.