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Natale 2025
Un esempio di graffito (autore: Knuckles)

Arte, via i graffiti con l’uso degli enzimi

Un esempio di graffito (autore: Knuckles)
Un esempio di graffito (autore: Knuckles)

PISA-La guerra ai graffiti e alle vernici spray, che spesso deturpano il patrimonio artistico e culturale delle città, è appena iniziata e potrebbe presto diventare uno strumento a portata delle amministrazioni locali. Tutto merito di una tecnica innovativa che propone l’utilizzo degli enzimi per rimuovere le scritte impresse sulle superfici in pietra e che è alla base del progetto di ricerca di interesse nazionale (Prin) ”Sostenibilita’ nei beni culturali: dalla diagnostica allo sviluppo di sistemi innovativi di consolidamento, pulitura e protezione”, coordinato dalla professoressa Maria Perla Colombini del dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Universita’ di Pisa.

Il progetto, che si è appena aggiudicato un finanziamento del Miur di circa 820mila euro, durerà tre anni e oltre all’Ateneo pisano avrà come partner di ricerca nomi importanti quali l’Istituto di scienze e tecnologie molecolari del Cnr di Perugia e le universita’ di Torino, Milano-Bicocca, Palermo, Cagliari, Firenze e Bari.

”In generale il progetto di ricerca – spiega Maria Perla Colombini, professoressa di Chimica analitica dell’Università di Pisa – si propone di studiare metodologie innovative ed ecocompatibili per il consolidamento e la pulitura di manufatti artistici. Nello specifico, l’uso di enzimi sulle superfici in pietra permetterà di superare gli svantaggi che derivano dai metodi di pulitura tradizionali di natura meccanica o chimica, che comportano la formazione di microfratture ed abrasioni, la permanenza di residui anche tossici, oltre ai tempi lunghi e ai costi elevati degli interventi”. Meno rischi, insomma, e una garanzia maggiore di rispetto delle opere.

La sfida – più in generale – è dunque quella di mettere a punto dei sistemi di nuova generazione atossici, biocompatibili, e a basso costo per il consolidamento, la protezione e la pulitura di diversi supporti e manufatti storico-artistici: dal legno archeologico degradato alle superfici pittoriche e lapidee. ”Tutte le tecnologie proposte troveranno un efficace banco di prova nell’ambito dei partenariati con musei, a cominciare dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana e da altre realtà che individueremo nel corso del progetto – conclude la professoressa Colombini – I risultati della ricerca saranno quindi sfruttabili ai fini di orientare sempre di più le strategie conservative verso una filosofia di conservazione preventiva, più sostenibile dal punto di vista dei costi e dei rischi rispetto a interventi di restauro generalmente invasivi e costosi”.


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Giulia Ghizzani

Giornalista

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