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La rivincita del latino

Sembrerà incredibile, ma una delle notizie più rilevanti degli ultimi duemila anni ha percorso un canale davvero singolare di comunicazione. Le dimissioni di Papa Benedetto XVI, infatti, non sono state comunicate in piazza San Pietro (come il profetico film di Nanni Moretti Habemus Papam ipotizzava), né in un comunicato stampa diramato a tutte le agenzie di stampa del mondo in una trentina di lingue diverse.

Il Papa ha scelto di comunicare a un miliardo di fedeli questa drammatica decisione durante il concistoro, davanti ai cardinali. E lo ha fatto non concedendo nulla alle regole della comunicazione moderna. E’ vero che Benedetto XVI è il Papa che per la prima volta ha twittato, è vero che il Vaticano diffonde le proprie informazioni in tutte le lingue del mondo, ma è anche vero che alla fine per trasmettere la notizia delle notizie è stata usata una lingua che molti considerano morta da 2mila anni: il latino.

E così niente inglese, lingua universalmente riconosciuta come la principale del Pianeta; niente italiano, anche se la sede di Pietro è a Roma; niente spagnolo, nonostante la Chiesa Cattolica abbia la maggior parte di fedeli che parlano questa lingua; e anche niente cinese, nonostante sia parlata da un miliardo di individui. La “declaratio” del Papa è stata la rivincita del latino.

Soprattutto, non deve averla considerata una lingua morta la vaticanista dell’Ansa, Giovanna Chirri, che per prima ha udito quelle frasi collegata dalla sala stampa vaticana mentre Josef Ratzinger parlava al Concistoro dedicato ai martiri di Otranto. La sua attenzione e professionalità è stata addirittura elogiata in un tweet dal mai tenero New York Times: se non era per lei e per la perfetta interpretazione dal latino i corrispondenti delle testate americane avrebbero fatto passare ore prima di segnalare la notizia.

E così se l’11 febbraio 2013 può essere considerato un giorno di smarrimento per i fedeli, può darsi che venga ricordato con un po’ di piacere almeno dai professori di latino, materia ancora assai importante in molte scuole secondarie. Oggi in classe potranno spiegare che quella lingua non è morta 2mila anni fa ma è ancora attualissima. E chissà se nella prossima versione al posto di Giulio Cesare e Cicerone i prof faranno tradurre il testo di un “autore” contemporaneo: il Papa.

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