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17 marzo: giornata dell’unità nazionale e della bandiera, ma pochi lo ricordano

Il Ponte Vecchio "tricolore" in occasione del 150° dell'Unità nazionale il 17 marzo 2011
Il Ponte Vecchio “tricolore” in occasione del 150° dell’Unità nazionale il 17 marzo 2011

FIRENZE – Oggi 17 marzo è la “Giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera”. Pochi lo ricordano, altri problemi e notizie prendono il primo piano, la domenica passa pigra. Sono passati già due anni (e i relativi finanziamenti) dalle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia, con monumenti illuminati con i colori della bandiera tricolore. Dalle luci sfavillanti al silenzio quasi totale, con l’eccezione di Pisa.

Un videomessaggio del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, è sufficiente stamani a “coprire” l’evento, ripreso quasi frettolosamente dai media. “Ritroviamo – ha detto – come nelle celebrazioni del Centocinquantenario, orgoglio e fiducia, il senso dell’unità necessaria. Unità, volontà di riscatto, voglia di fare e stare insieme nell’interesse generale, senza dividerci in fazioni contrapposte su tutto, senza perdere spirito costruttivo e senso di responsabilità”.

A Firenze sventola la bandiera tricolore su Palazzo Vecchio, ma a ricordare l’anniversario è solo l’iniziativa del “Comitato Fiorentino per la promozione dei Valori del Risorgimento”, che ieri ha deposto una corona (offerta dal Comune) al monumento ai Caduti di tutte le guerre in piazza dell’Unità d’Italia e organizzato un corteo storico per le vie del centro. Stamani, con il Comune di Scandicci, lo stesso Comitato ha organizzato un applaudito concerto della Filarmonica Vincenzo Bellini.

“Celebrare l’inno, il tricolore, la nascita dell’Italia possono essere l’occasione per un invito rivolto non solo alle forze politiche – dicono al Comitato del Risorgimento presieduto da Adalberto Scarlino – ma alla società italiana nel suo complesso”. Un occasione per “fare un esame di coscienza, perché possa ripensare la propria storia iniziando a capire sia il peso delle sue pigrizie e delle sue incapacità, sia a riconoscere i momenti del suo orgoglio e del suo riscatto. Vi sono circostanze critiche in cui il governo democratico di un Paese deve essere capace anche di questo: di una pedagogia civile ispirata dalla verità storica e sorretta dalla cultura”.

Diversamente le cose sono andate a Pisa, città dove morì Giuseppe Mazzini il 10 marzo 1872 e che ha iniziato le celebrazioni già da una settimana. La Domus Mazziniana, il museo ospitato in quella che fu la casa dello statista, ha riaperto i battenti da sabato 9 con visite guidate. Domenica scorsa il prefetto Francesco Tagliente ha deposto una corona d’alloro al monumento situato in piazza Mazzini. Quest’ultimo fu eretto nel 1883, opera di Orazio Andreoni, pisano di origine e all’epoca capo di una prestigiosa bottega di scultura a Roma che la eseguì senza pretendere alcun compenso.

Oggi, nella stessa Domus Mazziniana, si tiene una conferenza dello storico Roberto Vivarelli, professore emerito della Scuola Normale, sul tema “Riflessioni su un anniversario”.

Alla Domus, il prefetto Tagliente aveva affermato che “mentre la Domus Mazziniana si trasforma grazie a Fabio Beltram, in un monumento per raccontare ciò che il pensiero di questo grande patriota ha rappresentato per la società, voglio ricordare a noi stessi e ai cittadini di domani che proprio Giuseppe Mazzini, consapevole che ‘Senza unità non c’è forza’, organizzò, già nel 1831, il movimento politico ‘Giovine Italia’ programmando l’Unione degli Stati Italiani in un’unica Repubblica con un Governo centrale”. “Mazzini – ha proseguito Tagliente – anticipando di oltre un secolo alcuni dei principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale, pose alla base della sua associazione gli ideali di libertà, uguaglianza e democrazia, promovendo un pensiero di indipendenza realizzabile soltanto attraverso l’unità di tutti”.


Sandro Addario

Giornalista

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