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L'allestimento della mostra (Foto Garbari Gabinetto Fotografico)

Uffizi, esposti tre dipinti tra i più antichi appena restaurati

L'allestimento della mostra (Foto Garbari Gabinetto Fotografico)
L’allestimento della mostra (Foto Garbari Gabinetto Fotografico)

FIRENZE – Fino al 29 marzo, la Galleria degli Uffizi di Firenze presenta il restauro di tre dipinti su tavola tra i più antichi della Galleria interamente finanziato dall’Associazione Amici degli Uffizi.

Si tratta di due croci dipinte: la prima, appartenente alla cultura pisana del XII secolo (Croce 432, dal numero d’inventario) e, la seconda, caposaldo della pittura fiorentina di metà ‘200, attribuita al cosidetto Maestro della Croce 434. Accanto a esse, un dittico della metà del Duecento, raffigurante la Crocifissione e la Madonna col Bambino e santi attribuito a Bonaventura Berlinghieri.

Le tre opere della pittura italiana delle origini saranno esposte temporaneamente nell’abside della medievale ex-chiesa di San Pier Schieraggio – con ingresso gratuito e con orario 9-18 dal martedì alla domenica -, prima di tornare nella Sala 2 della Galleria, che ospita, tra gli altri dipinti, le Maestà di Giotto, Cimabue e Duccio da Boninsegna. In futuro è previsto un nuovo allestimento della Sala 1 della Galleria degli Uffizi che conferirà adeguato risalto alle due croci e al dittico.

La pulitura di Rita Alzeni, l’intervento di risanamento del supporto per opera di Roberto Buda e l’integrazione delle dorature di Aviv Fürst, faranno comprendere l’altissima qualità dell’esecuzione.
La prima croce dipinta (Croce 432), capolavoro appartenente alla cultura pisana della metà del XII secolo, è reputata di notevole importanza dagli studiosi per gli sviluppi della pittura medievale in Italia. L’opera propone un’ampia gamma di riferimenti stilistici nell’ambito dell’intensa circolazione culturale registratasi in quel periodo nel bacino del Mediterraneo: dalla miniatura siro-armena, alle icone del Monte Sinai, fino ai mosaici siciliani e al soffitto ligneo dipinto della Cappella Palatina di Palermo, opera di artisti musulmani.
La pulitura di Rita Alzeni, l’intervento di risanamento del supporto per opera di Roberto Buda e l’integrazione delle dorature di Aviv Fürst, faranno comprendere l’altissima qualità dell’esecuzione.

La pulitura di Rita Alzeni, l’intervento di risanamento del supporto per opera di Roberto Buda e l’integrazione delle dorature di Aviv Fürst, faranno comprendere l’altissima qualità dell’esecuzione.

“Il restauro delle due Croci dipinte dai maestri toscani delle origini nella Galleria degli Uffizi – scrive la Soprintendente Cristina Acidini nel pieghevole che accompagna la mostra – viene a concludere a livello d’eccellenza, di fatto e simbolicamente, il periodo trascorso da Angelo Tartuferi come vicedirettore della Galleria e come direttore del Dipartimento della pittura del Medioevo e del primo Rinascimento: periodo nel quale molte e di altissimo rilievo sono state le sue iniziative – le esemplifica il direttore Antonio Natali – per conservare, far conoscere e far amare come merita la parte delle raccolte che rappresenta il “manuale” della storia dell’arte del Due-Trecento e prima ancora. Sono grata agli Amici degli Uffizi per avere, con la consueta lungimiranza e generosità, accolto la proposta di restaurare questi due capisaldi della pittura pre- giottesca”.

La seconda croce dipinta (Croce 434) è un caposaldo della della pittura fiorentina della metà del Duecento, attribuita per l’appunto al Maestro della Croce 434 personalità di matrice culturale lucchese, che non poco influenzerà il giovane pittore Coppo di Marcovaldo, antesignano di Cimabue. La pulitura del dipinto, per opera di Silvia Verdianelli, ha restituito un’ottima leggibilità a un testo di capitale importanza per la pittura fiorentina antica.
La seconda croce dipinta (Croce 434) è un caposaldo della della pittura fiorentina della metà del Duecento, attribuita per l’appunto al Maestro della Croce 434 personalità di matrice culturale lucchese, che non poco influenzerà il giovane pittore Coppo di Marcovaldo, antesignano di Cimabue.
La pulitura del dipinto, per opera di Silvia Verdianelli, ha restituito un’ottima leggibilità a un testo di capitale importanza per la pittura fiorentina antica.

“Quella che s’apre oggi in San Pier Scheraggio – aggiunge il direttore della Galleria degli Uffizi, Antonio Natali – è un’esposizione di misura discreta, di quelle che però piacerebbe vedere spesso, non foss’altro per aver l’agio di godersi come si conviene quanto sia esibito. Poche opere e qualche essenziale istruzione per leggerle. Opere tuttavia storicamente importanti e d’alto tenore poetico”.

“Delle tre opere restaurate in questa occasione – dice Angelo Tartuferi, Direttore del Dipartimento della pittura dal Medioevo al Quattrocento -, la Croce dipinta n.432 è uno degli esemplari più belli e importanti della pittura italiana delle origini. Questo dipinto sorprendente da molti punti di vista – la suprema raffinatezza ‘artigianale’ dell’esecuzione, la brillantezza della gamma cromatica, una stupefacente capacità disegnativa -, la cui datazione più attendibile dovrebbe collocarsi ancora entro la metà del XII secolo, è arrivato fino ai giorni nostri in condizioni di conservazione molto soddisfacenti. Di grande rilievo storico è anche l’altra grande croce dipinta restaurata, databile intorno al 1240, che dà il nome al cosiddetto “Maestro della Croce n. 434” degli Uffizi, la personalità di matrice culturale lucchese che influenzò sensibilmente la formazione di Coppo di Marcovaldo, il pittore fiorentino più conosciuto prima dell’avvento di Cimabue. Infine il dittico del pittore lucchese Bonaventura Berlinghieri, databile intorno alla metà del Duecento, è importante anche per la tipologia morfologica. Si tratta infatti di un dittico di notevoli dimensioni, che fungeva probabilmente da altare portatile per le cerimonie religiose. L’opera proviene dal monastero di Santa Chiara a Lucca”.

Come afferma la presidente degli Amici degli Uffizi, Maria Vittoria Rimbotti, “Gli Amici degli Uffizi proseguono la loro opera di mecenatismo condividendo con la consueta attenzione le necessità di recupero, riscoperta e valorizzazione dei capolavori della Galleria. Due restauri che confermano la nostra disponibilità a un nuovo qualificante progetto, ancora una volta pronti a sfidare i tempi non favorevoli per restare vicini alle esigenze della nostra Galleria e alla nostra missione”.

La terza opera è un dittico della metà del Duecento attribuito a Bonaventura Berlinghieri, figlio di Berlinghiero capostipite della pittura lucchese, raffigurante la Madonna col Bambino e santi e la Crocifissione. L’intervento condotto da Manola Bernini ha consentito il recupero di una buona leggibilità per un’opera che, a circa trent’anni di distanza dalla sua esecuzione verso 1290, fu sottoposta a un interessante intervento di ‘aggiornamento’ stilistico-culturale nei volti della Madonna e del Bambino da parte di un artista identificabile probabilmente con il lucchese Deodato Orlandi.
La terza opera è un dittico della metà del Duecento attribuito a Bonaventura Berlinghieri, figlio di Berlinghiero capostipite della pittura lucchese, raffigurante la Madonna col Bambino e santi e la Crocifissione. L’intervento condotto da Manola Bernini ha consentito il recupero di una buona leggibilità per un’opera che, a circa trent’anni di distanza dalla sua esecuzione verso 1290, fu sottoposta a un interessante intervento di ‘aggiornamento’ stilistico-culturale nei volti della Madonna e del Bambino da parte di un artista identificabile probabilmente con il lucchese Deodato Orlandi.
Dittico restaurato / 2 (Foto Giusti Claudio)
Dittico restaurato / 2 (Foto Giusti Claudio)

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