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Caso Meredith, lo spettacolo va avanti

Auguri ai magistrati della Corte di Assise d’Appello di Firenze che, dopo la sentenza della Corte di Cassazione, dovranno occuparsi dell’omicidio di Meredith Kercher. Si tratta difatti di un caso estremamente complesso, come peraltro dimostrato dal tormentato iter giudiziario, apparso già tale, anche agli occhi di autorevoli giuristi, fin dai primi momenti della vicenda, nonostante l’esiguità numerica dei suoi protagonisti.

Tanto premesso sono da considerarsi, almeno in questa circostanza, quanto meno frettolosi i giudizi che rinviano ad un’addotta, cronica inefficienza del nostro sistema giudiziario la perdurante incertezza sulle responsabilità penali di Amanda Knox e Raffaele Sollecito.

E sono del pari avventate tutte quelle analoghe, negative valutazioni sulle attività inquirenti, svolte sia dalla polizia giudiziaria che dal pubblico ministero, più volte espresse da varie fonti, spesso improvvisate, sullo scenario mediatico. In realtà il caso è stato affrontato da professionisti assolutamente affidabili, che hanno dovuto muoversi su un terreno già di per sé molto controverso. I soggetti coinvolti hanno difatti messo in atto da subito comportamenti difficilmente decifrabili: si pensi all’accusa di essere l’autore dell’omicidio che è valsa al sicuro innocente Lumumba diversi giorni di detenzione. L’unico risultato processualmente certo finora acquisito, la condanna confermata in Cassazione quale responsabile di omicidio di Rudy Guede, accoglie sostanzialmente la ricostruzione dei fatti degli inquirenti.

Non ha inoltre agevolato le iniziative e le decisioni dei vari organi giudiziari competenti l’enorme clamore mediatico suscitato dall’evento, anche in sede internazionale. Si sono lette sulla stampa, soprattutto straniera, ricostruzioni le più originali, talune anche improntate ad un vistoso sciovinismo. Innocentisti e colpevolisti di professione non si sono lasciati sfuggire la ghiotta occasione di lucrare ogni visibilità, sfruttando un fatto di cronaca di così esteso richiamo, dove gli elementi del tragico si confondono con l’essenza di comportamenti maturati in un contesto di motivazioni miserevoli.

Nessuna sorpresa pertanto se sul piano processuale sembriamo essere ancora in mezzo al guado. Lasciamo lo stupore ai delusi della giustizia in servizio permanente effettivo. A coloro che dai tribunali dell’uomo si attendono sempre e comunque sentenze rapide ed inequivocabilmente certe, come se dai processi per l’accertamento dei fatti si potesse immancabilmente raggiungere una verità di ordine scientifico. Ad altre saggezze si ispirano coloro che hanno ben presente i limiti che di continuo incombono anche nell’affermazione del diritto. Non è una coincidenza che, nell’evidente consapevolezza di possibili insufficienze o incertezze, siano previsti ad esempio più gradi di giudizio e sia affermato il principio del “favor rei”.

Buon lavoro dunque ai giudici fiorentini, che non mancheranno ancora una volta di far ricorso alle consuete doti di equilibrio e professionalità, in un procedimento destinato inevitabilmente a proseguire sotto la luce di potenti riflettori.

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