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Palazzo Chigi

Debiti della P.A.: un decreto con troppe incognite

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ROMA – Parto difficile per il decreto di sblocco dei pagamenti della Pubblica Amministrazione. Dopo vari rinvii, il Governo, come noto, ha trovato un accordo sugli interventi urgenti per il pagamento dei crediti vantati dalle imprese.

Ampio il consenso politico circa il fatto che il problema sia stato affrontato, più freddo il giudizio sulla adeguatezza delle disposizioni prese. Tra le varie voci c’è ad esempio quella di Rete Impresa Italia, che dice “Il governo non ha ancora compreso”.

La prima perplessità è relativa proprio alle dimensione dei crediti vantati dalle imprese: nelle scorse settimane le cifre dichiarate sono via via cresciute, fino a far utilizzare al Governo la stima di Bankitalia e Abi di 90 miliardi di euro. Ma questi dati non considerano le imprese con meno di 20 dipendenti ed è probabile siano più vicini al vero i dati della Confederazione Artigiani, che parlano già di 120 miliardi.

Secondo il Governo, il provvedimento si propone di saldare debiti per 40 miliardi di euro, in 12 mesi, dando immediatamente il via ai pagamenti, in parziale deroga agli obbiettività di stabilità concordati con la UE. La deroga riguarda solo debiti certi, liquidi ed esigibili al 31 dicembre 2012.

Monti ha ribadito che “non si tratta di una inversione di rotta”, ma di “meccanismi chiari, semplici e veloci, senza oneri e complicazioni, che rispetteranno la soglia concordata” del 3 % del rapporto tra deficit sul Pil.

L’operazione in effetti si articola in tre fasi diluite nel tempo ma non sembra essere così indolore. Vero è che le amministrazioni potranno iniziare i pagamenti fin dalla pubblicazione della Gazzetta (quindi a partire da martedì), ovviamente partendo dai debiti piu’ anziani, ma questo “per una cifra non superiore ai 2,3 miliardi”. Si tratta di una cifra ragguardevole, ma non certo la ‘boccata di ossigeno alle imprese’ di cui si parla.

Successive disposizioni svincoleranno una tantum le ulteriori disponibilità di cassa degli Enti dai patto di stabilità, consentendo pagamenti per circa 14 miliardi. Nel mese di aprile verrà costituito un Fondo destinato al pagamento dei debiti di Regioni, Province e Comuni, cui si dovranno rivolgere gli Enti richiedendo prestiti trentennali, con tasso di interesse pari a quello dei BTP quinquennali. La disponibilità del Fondo viene fissata in 10 miliardi nel 2013 e 16 nel 2014.

Entro il 15 settembre le amministrazioni dovranno completare un censimento completo dei debiti in essere e di quelli ceduti alle banche. Questa è una novità importante, ma viene da chiedersi se di fronte alle cifre in discussione non sarebbe stato opportuno farlo prima.

Per quanto riguarda i crediti ceduti alle Banche si prospetta un pagamento diretto in titoli di stato dei debiti acquisiti dalla PA. Per questa voce il Governo stima uno stanziamento di 15 mld per il 2014.

Quindi il volume totale della operazione di finanziamento risulterà :

14,8 mld Disponibilità di cassa svincolata dal Patto di stabilità (di cui 2,3 mld subito)

10,0 mld Prestiti del Tesoro 2013 (erogati tramite il Fondo)

26,0 mld Prestiti del Tesoro 2014 (erogati tramite il Fondo)

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38,8 + 15 mld di titoli di Stato versati alle Banche nel 2014

Nell’ipotesi del Governo non dovrebbero essere necessarie altre imposte per finanziare la operazione, ma la deroga al Patto di stabilità è stata non solo tassativamente limitata al pagamento di questi debiti, ma anche rigidamente fissata in 7,5 mld, mentre resta invalicabile il limite UE del deficit sotto il 3 % del Pil.

Il nostro deficit è oggi valutato in 2,4 %, incrementato di 7,5 mld arriva al 2,9 % : quindi appena sotto tale limite. Difficile pensare di chiudere l’anno con una precisione così chirurgica. È dunque molto probabile che il nuovo Governo, qualunque sia, debba esordire con una manovra correttiva.

In tutti i casi sono già bruciati i margini per norme a favore degli esodati o revisione dell’Imu, promesse presenti in forma diversa nei programmi di tutti i partiti. Esaminando il provvedimento resta la perplessità del fatto che si siano utilizzati solo strumenti di finanza straordinaria per affrontare un problema di finanza ordinaria quale pagare le fatture delle forniture.

Il problema quotidiano delle imprese è quello di trovare fondi per pagare imposte e contributi allo Stato, pur essendo magari creditrici della PA. La possibilità di compensazione dei crediti esiste, ma è frenata da una complessa procedura e principalmente limitata ai soli debiti tributari iscritti a ruolo (quindi non più contestabili) e con un limite di 500 mila euro, abbastanza modesto, specie per quanto riguarda i rimborsi Iva.

Il provvedimento discusso doveva ampliare tali modalità, estendendo la compensazione anche alle contestazioni del Fisco formalmente accettate dal contribuente, anche se non ancora iscritte a ruolo e principalmente aumentando a 700mila euro la soglia massima.

Questa misura era stata discussa nella conferenza stampa seguita al Consiglio ed era presente nel comunicato stampa del Governo, ma è poi scomparsa nel testo definitivo trasmesso al Capo dello Stato per la firma, si ritiene per obbiezioni della Ragioneria dello Stato sulla copertura finanziaria

Peccato, perché proprio dal ministro Grilli l’aumento della soglia era stato valutato da solo saldare debiti per 2 miliardi di euro (la stessa cifra faticosamente disponibile per i primi pagamenti), ma anche perché si trattava di un provvedimento ordinario, destinato a mantenere i benefici nel tempo.


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