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Grillo dopo il “vaffa” scopre il latino

Dopo il “vaffa” utilizzato per anni, ora Beppe Grillo riscopre il latino e cita Tito Livio. Ha forse intenzione di schierare le legioni romane per difendersi dagli attacchi degli hacker sul campo di battaglia (politica) del web? O non ha altri argomenti per il suo elettorato?

Il suo blog di ieri 14 aprile delle ore 12 ha questo titolo “Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur”. Senza traduzione. Come dire: se non la sapete cercatevela su Google. Le stesse parole ricordate da Tito Livio duemila anni fa nelle Historiae (XXI, 7, 1): “Mentre a Roma si discute, Sagunto fu espugnata”. Le stesse utilizzate da molti commentatori politici in queste ultime settimane. E Grillo, buon ultimo, si adegua.

“Il balletto dei partiti per non decidere nulla e mantenere posizioni di privilegio e di impunità decennali continua, imperterrito, senza vergogna” dice il leader del Movimento Cinque Stelle. Leggi qui il testo completo del suo intervento. “Il Parlamento deve rimanere un simulacro – prosegue Grillo – un non luogo, per questo non vengono attivate le Commissioni parlamentari (dove al M5S spetterebbero certamente alcune presidenze n.d.r). Le leggi urgenti per il rilancio dell’economia, la nuova legge elettorale, le misure di sostegno ai disoccupati rimangono nei cassetti. L’orologio deve rimanere fermo. E’ un continuo rimando, un opprimente spostare in avanti le decisioni”.

Quindi l’affondo – poco latino – ai politici che chiama “cialtroni”. “Per evitare qualsiasi legge sgradita a questi cialtroni – dice – si invoca la necessità di avere un Governo prima delle Commissioni”. Perché l’obiettivo è disinnescare il M5S, la “variabile non prevista arrivata in Parlamento”. Quindi un nuovo ritorno al latino: “Poi, extrema ratio, per sicurezza, si potrebbero sciogliere le Camere e andare a nuove elezioni senza aver avviato alcuna riforma”.

Beppe Grillo sembra aggrapparsi ai proclami e dice cosa crede la gente voglia ancora sentirsi dire. Ma molti dei suoi elettori cominciano a ricredersi sulla scelta fatta di votarlo. Sarebbe opportuno che, prima di Tito Livio, ripassasse anche Manzoni. Specie (cap. II) nel passaggio in cui Renzo ribatte secco a Don Abbondio, che per non saper cosa dire di fronte alla richiesta di celebrare il suo matrimonio snocciolava vocaboli latini: “Si piglia gioco di me? Che vuol ch’io faccia del suo latinorum?”. Lo stesso che potrebbe rispondere a Grillo il suo elettorato.


Sandro Addario

Giornalista

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