La crisi si fa sentire, arriva il «compro bigiotteria»
FIRENZE – In tempi di crisi si vende anche la bigiotteria di casa, non solo l’oro e i gioielli di valore. In piazza della Libertà a Firenze, l’insegna di un negozio non lascia spazio a dubbi: «vendiamo e compriamo bigiotteria argento e vintage». Pare sia l’unico a Firenze di questo genere, ma di questo passo non è detto che la concorrenza cominci a farsi sentire. Dopo tanti «compro oro» ormai sparsi dovunque, si cambia genere.
All’interno in perfetto ordine ci sono decine, centinaia di pezzi pronti alla vendita, altri in lavorazione. Per tutte le tasche, da 10 euro in avanti. Un numero sempre crescente di persone entra per offrire la propria bigiotteria che non serve più. Nella migliore delle ipotesi per cederla in cambio di pezzi nuovi e di gusto diverso. Ma sono molti quelli che vengono per ricavare poche decine di euro e andarsene.
Persone anche le più insospettabili: dalla moglie del professionista all’affezionata cliente ultranovantenne, che si fa vedere con puntualità per portare ogni volta qualcosa di nuovo. Come pure la giovane studentessa a corto di liquido o la donna matura che non vuol rinunciare a fare un regalino alla figlia, ma deve fare i conti giorno dopo giorno con la spesa, dove anche risparmiare qualche euro può fare la differenza. Non manca chi viene a farsi fare un pezzo «su misura», scegliendo pietre e lunghezze. Come un abito da sartoria.
Barbara, la titolare del negozio, è l’entusiasmo fatto persona. Ama il suo lavoro cui dedica almeno quindici ore al giorno. «Posso dire di aver cominciato questo lavoro all’età di 4 anni, quando infilavo una dopo l’altra le stelline o i ditali della pastina da brodo che la mia nonna aveva cotto in una padella. Quando erano diventati scuri e più rigidi, mi divertivo a dipingerli per poi farci collanine. Poi cominciai a vendere roba usata su una cassetta da frutta rovesciata ai mercatini dei bambini in piazza Elia Dalla Costa. Avevo già sei, sette anni».
Ora Barbara di anni ne ha 48 anni, buona parte dei quali passati nei mercati rionali fiorentini a vendere bigiotteria: Cascine, piazza Dalmazia, Coverciano, Santo Spirito («il mio grande amore»). Quello che maggiormente la stimola è la creatività. «Non si deve buttare via niente – dice – qui possiamo creare di tutto. Da un solo filo anonimo possono uscire tre o quattro collane. Mi piace modificarle e renderle diverse l’una dall’altra. È la mia vita, il mio lavoro».
Esce poi lo spirito combattente fiorentino: «Firenze arriva da una tradizione di artisti, di artigiani. Avevamo filati bellissimi all’Osmannoro, a Prato che davano da lavorare a tante persone, le nostre terracotte, i ricami. Oggi in realtà siamo tutti cinesi. Tutte cose uguali senza differenze».
La bigiotteria deve invece andare controcorrente. «Non c’è un pezzo uguale all’altro» dice Barbara con orgoglio. E il tipo vecchio è ancora più bello, perché offre spazio a tanta creatività: dal nuovo bagno galvanico all’aggiunta di pezzi mancanti. Pezzi anche degli anni ’30 e ’40 che ritornano a vivere e che sono molto ricercati. Tutto quello che costituisce il «vintage», il vissuto che è cosa ben diversa dall’usato. Tante cose che non si portano più perché sono venute a noia. Perché lasciarle in un fondo di cassetto, quando possono essere scambiate con altre di tipo diverso?
Non c’è solo la vendita, ma anche il «restauro». Il pezzo di bigiotteria sciupato o rotto difficilmente viene rimesso a posto da un orefice, perché non c’è convenienza visto il basso valore dell’oggetto. «Perché buttarlo via? Il cliente può farlo sistemare e poi decidere se continuare a portarlo o cambiare genere». Quando essere artigiano vuol dire anche aiutare la gente a star meglio e a sentirsi meno depressa. Una funzione sociale insomma? No, chiamiamola semplicemente passione e amore per il proprio lavoro. Di questi tempi è davvero una virtù.
mery
Da nessuna parte si trova ha chiuso più di un anno fa
simona
come posso mettermi in contatto con le cavalle del bob?