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Natale 2025
Maggio Platea E2003cdb

Al via «Don Carlo» tra applausi e venti di crisi

La platea del MaggioFIRENZE – «Prima bruciavano i libri, ora chiudono i teatri». «Io sono il Maggio». Uno striscione e molte magliette indossate da un gruppo di dipendenti della Fondazione Maggio Musicale Fiorentino all’ingresso del Teatro comunale prima dell’inizio di «Don Carlo» che ha appena aperto stasera l’80° stagione lirica. Una delle più incerte, vista la crisi finanziaria del «Maggio» e molti posti di lavoro a rischio.

Il commissario straordinario della Fondazione Francesco Bianchi, dall’altro lato del marciapiede di corso Italia, è però esplicito: «Prima bisogna fare bene i compiti a casa, poi poter sperare nell’aiuto dello stato, che ha problemi di bilancio anche più pesanti dei nostri. Lo stesso vale per gli sponsor: solo se ci presenteremo con i conti in ordine potranno essere invogliati ad aiutarci».

Arriva il ministro dei beni culturali Massimo Bray, assalito da cronisti e fotografi. Appena una stretta di mano con il sindaco Matteo Renzi nel foyer e si infila nel palco centrale. «Faremo il possibile per fare qualcosa, sono appena da tre giorni in carica» sibila l’esponente di governo.

Per motivi di bilancio «Don Carlo» è trasformato, anzi ridotto, a un concerto di oltre quattro ore in cinque atti. È una delle opere più spettacolari di Giuseppe Verdi, dove scena, teatralità e musica ne sono componenti indissolubili. Alla prima rappresentazione a Parigi nel 1867 ne uscì una «Grand Opera», con balletti e cori.

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Oggi resta la musica e la magica bacchetta di Zubin Mehta a reggere da sola l’impegnativa sfida della rievocazione della sfortunata storia d’amore tra Elisabetta di Valois e Don Carlo.

Gran folla all’ingresso del teatro, ma non è più la «prima» di un tempo, neppure di qualche anno fa. Signore eleganti ma quasi nessun abito da sera per gli uomini. Lo smoking appartiene alla storia. Carla Fracci è tra le prime ad arrivare («un’edizione di speranza» dice ai giornalisti). Sorridente la neo senatrice Rosa Maria Di Giorgi, come pure l’assessore regionale alla cultura Cristina Scaletti.

Alle 19 le luci si spengono. La bacchetta di Zubin Metha e le note di Verdi attirano l’attenzione e allontanano i pensieri. Almeno per qualche ora. Nella speranza di non fare la fine dello sfortunato Don Carlo.


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Sandro Addario

Giornalista

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