Napolitano: «La violenza va combattuta prima che si trasformi in eversione»
da ROMA – «Il Senato e la Camera dei Deputati non sono come si sente dire i palazzi del potere, ma i luoghi della sovranità popolare e della rappresentanza democratica. Per questo ho voluto che la ricorrenza della Giornata della memoria delle vittime del terrorismo fosse celebrata quest’anno non più al Quirinale, come avviene dal 2008 ma anche in altri luoghi istituzionali». Così il presidente della repubblica Giorgio Napolitano ha esordito stamani a Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica, davanti ad un’insolita e partecipe platea: i familiari delle vittime degli anni di piombo, innocenti servitori dello Stato uccisi dalla furia terroristica e con loro anche appartenenti a fazioni politiche avverse, colpiti non come avversari ma come nemici da abbattere. Nonostante il processo di pacificazione nazionale portato avanti in questi anni, Napolitano non ha comunque mancato di sottolineare di non sentirsi ancora tranquillo «per le persistenti intemperanze sul piano verbale e della stessa propaganda politica» che – ha lasciato intendere – dovrebbe una buona volta abbassare i toni. Perchè – ha detto il capo dello Stato – la violenza «va combattuta e
fermata prima che si trasformi in eversione».
Una delle relazioni, davanti all’aula gremita del Senato, è tenuta da Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili a Firenze, prossima alla rievocazione dell’eccidio avvenuto il 27 maggio 1993. “Siamo davanti non solo a fatti criminali – dice citando il pm Gabriele Chelazzi che per primo intervenne dopo lo scoppio – ma ad un’intera pagina di storia fatta anche di criminalità. Molte verità devono ancora fuori e non tutto quello che avvenne in quel periodo dal 92 al 94 è responsabilità penale. Speriamo solo che questi fatti verranno in futuro spiegati bene nei libri di storia”.
Nei primi banchi dell’emiciclo c’é Mariella Magi Dionisi, presidente dell’Associazione Memoria, che ha appena ricevuto dalle mani del presidente Napolitano l’onorificenza di Ufficiale al merito della Repubblica. É la vedova dell’appuntato di pubblica sicurezza Fausto Dionisi, ucciso a sangue freddo a Firenze il 20 gennaio 1978 da un commando terroristico di Prima Linea, che stava cercando di far evadere alcuni compagni detenuti nel carcere fiorentino delle Murate. All’eccidio ogni anno la questura e il comune di Firenze dedicano una cerimonia commemorativa, che si conclude con la deposizione di una corona sul luogo dell’attentato in via delle Casine, nel quartiere di Santa Croce. Tra quanti hanno voluto salutare la signora Dionisi, molto conosciuta a Firenze, c’è anche la neo senatrice Rosa Maria Di Giorgi (già assessore all’educazione a Palazzo Vecchio) che scende dall’emiciclo per testimoniarle la sua vicinanza.
Più in alto ci sono i parenti del professore fiorentino Emilio Perondi, anche lui morto nel 1978 dopo 10 anni minacce e aggressioni subite alla facoltà di architettura di Firenze. Era un professore che non voleva dare il “27 politico” agli studenti politicizzati e impreparati che si presentavano agli esami. Insegnava Analisi 2 e ripeteva che senza la conoscenza di quella materia “le case crollano”. Come tale era visto come un nemico, subendo attentati anche alla propria abitazione con bombe molotov. Venne pestato a sangue da sei soggetti incappucciati, all’interno della facoltà di architettura in piazza Brunelleschi a Firenze. Venti giorni dopo morì, anche per l’aggravarsi di un tumore. La sua morte venne considerata una “vittoria politica”. Per tanti anni abbandonato all’oblio, come personaggio scomodo, la figura del professor Perondi è stata riabilitata nel novembre 2011.