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Dàgli al prefetto

Un quotidiano di Napoli, qualche anno or sono, commentando gli attacchi indiscriminati e pretestuosi che vennero rivolti al prefetto di allora per un errore, subito corretto, in tema di procedure elettorali, nel difendere l’operato del funzionario titolò l’articolo«Dàgli al prefetto».

Era un titolo azzeccato che rispecchiava perfettamente una tendenza frequente di politici, commentatori, categorie rappresentative di interessi forti: quella di scaricare la responsabilità di fatti e situazioni negative sui rappresentanti del governo. Del resto un vecchio prefetto di Firenze, quando ero agli inizi della carriera, mi disse che una delle caratteristiche del nostro ruolo era quella di fungere da “fusibili” dell’ordinamento: se operiamo bene non facciamo altro che il nostro dovere, quando ci capita qualche infortunio o quando è necessario il nostro sacrificio per fini superiori, paghiamo colpe anche non nostre. È molto più semplice sostituire un prefetto che far fuori un politico.

Recentemente è apparso un articolo dal titolo «Sprechi di Stato»mirato addirittura a dimostrare inutilità e costi esorbitanti della carriera prefettizia e a richiederne implicitamente l’abolizione. Partendo dall’assunto che 1292 funzionari in tutt’Italia sono uno spreco insostenibile, anche se i prefetti, cioè i vertici della carriera sono soltanto 147 (un numero ridotto rispetto ai vertici di tante altre carriere dello Stato), si evidenzia soprattutto una scorretta distribuzione sul territorio. Troppi effettivi al ministero (355) pochi in periferia e in particolare nelle prefetture del Nord. L’articolista si spinge anche a criticare, con qualche ragione e sulla base di osservazioni che vengono da un sindacato prefettizio, anche il sistema delle promozioni. Confida che Alfano porrà rimedio a questa situazione, ereditata da chi l’aveva preceduto, Anna Maria Cancellieri, che di mestiere faceva proprio il prefetto.

In realtà è vero che occorre rinforzare i ruoli periferici, soprattutto al nord, sfoltendo il ministero, ed è anche vero che promozioni, trasferimenti e addirittura pensionamenti e incarichi successivi alla pensione sono talvolta attribuiti con criteri che esulano dal merito e dalle capacità individuali. essere stati inquisiti e talvolta condannati per reati anche gravi.

Ma si tratta per fortuna di casi sporadici. I funzionari prefettizi svolgono con passione, sacrificio, senza limiti d’orario e con la massima dedizione i loro difficili compiti nelle varie zone d’Italia, affrontando emergenze, calamità, crisi economiche e sindacali, situazioni di disagio sociale con la finalità di tutelare il superiore interesse pubblico.

Da ex prefetto che ha servito per oltre 40 anni lo Stato, voglio ricordare che i nostri funzionari, anche nei tempi di crisi che viviamo attualmente, garantiscono il rispetto della legalità e la tenuta della coesione sociale nei territori ove operano. Insieme alle forze dell’ordine, alle forze armate, alla magistratura, ai responsabili delle istituzioni locali, i prefetti riescono a risolvere problemi di ordine e sicurezza pubblica, di crisi del mondo del lavoro, d’immigrazione che rischierebbero di mettere in pericolo la convivenza civile. La collettività nazionale dovrebbe essere grata a questa categoria di funzionari dello Stato che, assumendosi responsabilità che spesso altri non vogliono o non sono in grado di prendersi, cercano di far funzionare la nostra amministrazione, nonostante le difficoltà a tutti note.


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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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