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Un vigile del fuoco porta via il corpicino di Caterina (foto Riccardo Germogli/Massimo Sestini)

Strage dei Georgofili: i pompieri raccontano quella notte maledetta

Un vigile del fuoco porta via il corpicino di Caterina (foto Riccardo Germogli/Massimo Sestini)
Il vigile del fuoco che porta via il corpicino di Caterina (foto Riccardo Germogli/Massimo Sestini)

FIRENZE – «Stava con le manine strette e la bocca chiusa. Tutta piena di polvere, come una bambola di pezza. La coprii con un lenzuolo e la strinsi come fosse stata la mia bambina. Così la portai via. Un centinaio di metri verso gli Uffizi con questo fagottino in mano». Ancora a distanza di vent’anni, le parole si annodano in gola a Gianni Innocenti, il vigile del fuoco di Firenze che portò via dalle macerie della strage dei Georgofiliil corpicino ormai inanimato di Caterina Nencioni, cinquanta giorni di vita appena.

Gianni Innocenti oggi
Gianni Innocenti oggi

La foto che lo ritrae con il casco abbassato mentre va verso un’ambulanza fece il giro del mondo e divenne una delle testimonianze simbolo di quella maledetta notte fiorentina del 27 maggio 1993.

Gianni, sommozzatore dei pompieri, è di turno alla Centrale di via La Farina. Durante i momenti concitati del primo allarme si mette al centralino per rispondere alle tante chiamate. Poi a un certo punto chiede ad un collega di sostituirlo: vuole andare anche lui sul posto dell’esplosione. Esce con un mezzo di appoggio per portare il rifornimento di bombole di ossigeno ai colleghi che sono impegnati, nel buio e nel fumo, a spengere gli incendi.

«Sopra la montagna di macerie ai piedi della Torre dei Georgofili – racconta Gianni – notammo numerose foto di una famiglia. Una di esse era stata fatta al mare. Lassù, nell’edificio crollato, ci doveva abitare per forza qualcuno. Mi feci legare e salì con l’autoscala fino all’ultimo piano, almeno una ventina di metri di altezza. Cominciai a chiamare ma non ottenni nessuna risposta. Mi ricordo, come se fosse in questo momento, di aver visto un seggiolone, giocattoli e perfino un’insalatiera con frutta fresca». Gianni e i suoi colleghi non hanno più dubbi. Bisogna scavare tra le macerie, a mani nude naturalmente. Qualcuno deve essere rimasto sepolto.

Pecchioli, Falorni e Santi
Roberto Pecchioli, Andrea Falorni e Sandro Santi

Accanto a lui c’è il capo squadra Roberto Pecchioli, tra i primi ad arrivare dal distaccamento di Firenze Ovest all’Isolotto una manciata di minuti dopo lo scoppio della bomba, mentre dalla Centrale di via La Farina sta arrivando la prima squadra di partenza guidata da Sandro Santi. Dopo poco arriva la seconda squadra da Ovest con Andrea Falorni. «Già all’altezza del consolato americano – ricorda Pecchioli – sentimmo l’odore del cemento e della polvere, mentre stavamo correndo verso via Guicciardini dove erano state segnalate molte finestre e vetri rotti. Poi via radio fummo dirottati verso gli Uffizi». Alcuni mezzi, tra cui un’autoscala guidata da Mauro Marchesini, passano per un soffio sotto l’Arco delle Carrozze. Si arrestano davanti al disastro in via dei Georgofili. Buio, fiamme, polvere, odore di gas uscito dalle tubature: l’inferno.

Si scava con le mani, incuranti dei calcinacci che possono ancora cadere dall’alto. Impossibile usare mezzi meccanici, potrebbero esserci sopravvissuti. C’è qualcosa di morbido sotto i detriti. Prima la rotellina di una culla. Poi spunta fuori un minuscolo tallone. «È una bambola» mormora, anzi spera, qualcuno. Pecchioli scuote la testa. «Credo di no, ragazzi scaviamo bene». Spuntano i ditini, poi piano piano un corpicino, che purtroppo non è una bambola. Il capo squadra la estrae per primo e la passa a Innocenti, che pensa subito a coprirla per non portarla in giro in quelle condizioni.

Arrivato all’ambulanza, i cento metri più lunghi della sua vita, il pompiere è demoralizzato: «Sono subito tornato indietro ad aiutare i colleghi – dice Innocenti – ma la mia testa ormai era altrove». Dopo pochi minuti la squadra trova i corpi degli altri tre componenti la famiglia Nencioni. La figlia Nadia di nove anni, il babbo Fabrizio e la mamma Angela, questi ultimi incastrati sotto un letto.

Mauro Marchesini
Mauro Marchesini

Lavoreranno altre ore filate i pompieri, prima dell’arrivo del cambio turno. Manca ancora all’appello il giovane studente Dario Capolicchio, 22 anni, che una guardia giurata assicura aver visto avvolto dalle fiamme ad una finestra del palazzo davanti alla Torre dei Georgofili. Dopo ancora un po’ trovano anche lui. Ed è la quinta vittima.

Per i vigili del fuoco non è una notte qualsiasi, né un intervento come tanti in anni di servizio. «A queste cattiverie – dicono Pecchioli e Marchesini – alle disgrazie, ai dolori delle persone non ci si abitua mai. Non è vero che ci si fa l’abitudine. Si fa finta di farci l’abitudine, il callo non ci si fa mai».


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Sandro Addario

Giornalista

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