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Georgofili, il silenzio dopo la bomba

Nei momenti immediatamente successivi alla deflagrazione di una potente bomba trovano spazio istanti di silenzio assoluto. E’ un po’ come se la natura si interrompesse per frazioni di secondo, come se tutto intorno rimanesse attonito, sospeso, sconvolto. Ci sono silenzi che durano anni. Decenni. E ci sono dolori che non vanno in prescrizione.

La strage dei Georgofili si inserisce in quella storia di violenza e di morte che attraversa la difficile e al tempo stesso straordinaria storia della democrazia italiana, una storia di violenza che ha avuto ora marcati tratti politici (terrorismo), ora altrettanto marcati tratti economici (le mafie di vario tipo e da diversi territori).
La violenza come strumento di lotta politica o di lotta economica.

Firenze ebbe un ruolo peculiare nella genesi del terrorismo rosso (la nascita di Prima Linea, lo sfuggente e indefinito ruolo di Firenze nel rapimento Moro, ecc.), e purtroppo lo ha avuto anche 20 anni fa in quella stagione di stragi che la mafia pensò a Palermo e realizzò a Firenze, a Milano, a Roma. Perché anche Firenze?

Per l’immagine che la nostra città ha nel mondo, e conseguentemente per la risonanza che gli attentatori cercavano? Certo, è possibile. Forse i tesori di arte che Firenze racchiude diventano paradossalmente non solo stelle che brillano nel cielo della cultura dell’umanità, ma anche le tenebre nell’immaginazione di chi vuole lanciare nel mondo un messaggio di morte e di ricatto.

Firenze celebra le vittime di 20 anni fa. Ai suoi familiari va la solidarietà umana e la memoria civile di una intera comunità. A noi rimane una riflessione e una preoccupazione.

La riflessione verte sui risultati delle inchieste della magistratura: quando la magistratura inquirente evita le fumose alchimie dei teoremi preconcetti e si concentra sui fatti e sulle prove, raggiunge sempre buoni risultati. Assicurando alla giustizia, come ha fatto, gli esecutori della strage.
La preoccupazione riguarda invece la tenuta attuale del sistema democratico italiano in assenza di strutture politiche organizzate e capillari quali erano i partiti politici.

La violenza eversiva ha percorso la vita della nostra democrazia. E la tenuta dello Stato democratico si è avuta anche grazie alla mobilitazione popolare dei partiti organizzati. Che è stata anche mobilitazione delle coscienze, delle reazioni civili e istituzionali.

Noi siamo preoccupati della debolezza della politica. E’ quando la politica democratica si fa fragile che la violenza ha interesse ad “intervenire”. Che la memoria della terribile strage di Via dei Georgofili sia un monito per tutti, affinché si trovi in tutti la convinzione che l’alternativa alla violenza è solo la politica.


Francesco Butini

Istituto di studi politici "Renato Branzi"

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