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Corteo per il 20° della strage di via dei Georgofili

Georgofili, 20 anni dopo:«A cosa sono serviti i nostri morti?»

Una corona davanti alla Torre dei Georgofili
Una corona davanti alla Torre dei Georgofili distrutta dalla bomba il 27 maggio 1993

FIRENZE – Ore 1.12 di stanotte. Il corteo, silenziosissimo, si muove da Palazzo Vecchio per raggiungere via dei Georgofili. Davanti il Gonfalone di Firenze, seguito dal presidente del Senato Pietro Grasso e dal sindaco Matteo Renzi. Con loro tante autorità ma anche tanta gente comune che non vuole mancare al 20° anniversario della strage del 27 maggio 1993. Qualche minuto di ritardo rispetto all’ora dello scoppio (successe alle 1.04), ma l’importante è esserci. Una corona davanti alla Torre che crollò, momenti di raccoglimento rotto solo dalla chiarine del Gonfalone, molte foto. Poi tutto finisce.

«A cosa sono serviti i nostri morti?» E’ la domanda poco prima era risuonata forte nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio davanti a centinaia di persone, ma soprattutto davanti al presidente del Senato e al ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza. «I nostri morti – ha tuonato la presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime Giovanna Maggiani Chelli – sono forse serviti per salvare personaggi pubblici della politica e del governo di allora perché avevano tradito la mafia? O forse perché avevano fatto semplicemente il loro dovere, servendo lo Stato?».

E sul tema dell’annullamento del carcere duro per i delitti di mafia, Maggiani Chelli non esita a dire: «A noi non interessano i ragionamenti di quanti dello svuotare le carceri hanno fatto una bandiera. Assistiamo a richieste di annullare l’articolo 41 bis attraverso manifestazioni di piazza strumentali, attraverso video di Bernardo Provenzano che fanno piangere illustri politici e navigati giornalisti davanti a milioni di italiani. Ecco, abbiamo l’impressione di essere svenduti per 30 vili denari».

Stamani intanto – e la data coincidente con l’anniversario della strage di Firenze non è forse un caso – si apre a Palermo il processo sulle trattative Stato-mafia. «Ci costituiremo parte civile – ha detto ancora Maggiani Chelli – perché ci chiediamo quali siano state le responsabilità vere tra quelli che volevano fermare le stragi e tra coloro che avevano paura di morire per mano di mafia. Chi si è salvato permettendo che morissero le bambine ed i ragazzi di via dei Georgofili? Queste le nostre domande, ma è venuto il tempo che diventino le domande di tutti, perché è da questi punti interrogativi irrisolti che nasce l’Italia in cui stiamo vivendo».

Un intervento deciso e sofferto quello dei familiari delle vittime, prima del saluto del presidente del Senato e del ministro dell’Istruzione. Grasso ha detto che «Sono stati raggiunti dei risultati non definitivi, ma sono il massimo di quanto si è potuto raccogliere con gli elementi che avevamo a disposizione. E’ tempo di agire, sappiamo tante cose, è tempo di intervenire al più presto». Carrozza ha portato la vicinanza del governo, per «farvi sentire – ha detto – che questo impegno ce lo prendiamo tutto, anche se sappiamo che è difficile».

Durante la serata sono stati premiati gli studenti vincitori del concorso grafico dedicato alla memoria della strage. Questi i nomi: Emma Munaò (classe 3A del liceo scientifico dell’istituto Russell Newton di Scandicci) prima classificata. Debora Tempestini e Francesca Zhu, classe 4A del liceo linguistico Serve di Maria di Firenze. Giovanna Qu, classe 4ª Igea di San Marcello Pistoiese. Danny Risaliti, classe 4ª Istituto alberghiero Martini di Montecatini Terme.

È stata quindi offerta al pubblico un’applauditissima recita della Tosca di Puccini. Ha suonato l’orchestra Nuova Europa direttore Alan Freiles Mignatta, con il Coro di Montughi diretto da Enrico Rotolo e il coro voci diretta da Viviana Apicella. Regia di Alessandra Badalà. Qualche momento di preoccupazione nel finale, perché si stavano avvicinando le 1.04, ora della strage, e molti guardavano l’orologio. Gli artisti, tutti molto bravi, non hanno potuto avere tutti gli applausi che meritavano.


Sandro Addario

Giornalista

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