Rc auto, l’altra faccia del libero mercato
Se tutto funziona, liberalizzare un settore significa dare ai cittadini-consumatori una maggiore offerta con risparmi notevoli. Ma se la liberalizzazione è solo sulla carta, se vincono i cartelli (svelati o meno), se le compagnie sono troppo “forti” anche per una Authority, un Paese, allora può succedere quello che è successo nel settore delle assicurazioni auto.
Il calcolo che hanno fatto Adusbef e Federconsumatori sembra incredibile: assicurare un’auto ha oggi un costo superiore del 245 per cento rispetto a 18 anni fa, un aumento medio del 10 per cento l’anno, indipendentemente dalla valuta (lire ed euro), dal boom economico o dalla crisi.
Dal 1994 al 2012, per assicurare un’auto di media cilindrata si è, infatti, passati dalle vecchie 700mila lire, l’equivalente di 390 euro, ai 1.350 euro nel 2012. E non si salvano neanche moto e motorini che hanno raggiunto aumenti del 480 per cento. Prima della liberalizzazione del ’94, invece, il regime di “prezzi amministrati” faceva restare sulle 700.000 lire (390 euro) un’assicurazione per un’auto fino a 1.800 di cilindrata.
Sempre secondo il calcolo delle associazioni la Rc Auto si prende il 6,5 per cento dello stipendio, il doppio della media Ocse e il triplo dell’Inghilterra. Insomma, gli stipendi sono cresciti poco, mentre l’assicurazione è schizzata in alto. Un trend diverso a quello che è successo in altre Nazioni dell’Unione Europea, come Francia, Spagna e Germania dove l’aumento in 18 anni è stato al massimo dell’87 per cento.
L’argomento non è solo una curiosità statistica, né può essere confinato al solito lamentio di qualche associazioni di consumatori. Se ciò che cerca il Paese, nei prossimi mesi, è la ripresa, accanto alla detassazione del lavoro, al ritorno di un’Iva accettabile, allo snellimento burocratico e alle riforme non potrà essere trascurata una seria regolamentazione di un settore che, evidentemente, è stato perso un po’ per strada. Solo creando ricchezza e drenando soldi dagli “obblighi” delle famiglie, la ripresa potrà camminare anche con le gambe del mercato interno, per troppo tempo snobbato nelle pianificazioni economiche nazionali ed europee.