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È domenica, si va al centro commerciale

Centro_commerciale1L’apertura domenicale dei centri commerciali e di una sempre maggiore quantità di singoli negozi nelle città, pur apparendo ormai un dato consolidato nel quadro delle prassi economiche e delle abitudini sociali, continua a suscitare discussioni, prese di posizione ed iniziative volte ad evidenziare le perversioni di un consumismo che invade anche le festività, nonché ad esperire tentativi per un’inversione di rotta.

Si comprende che i sindacati si adoperino per contenere i disagi e per garantire i diritti ai lavoratori – a cominciare dalla retribuzione – impegnati nei turni festivi, anche battendosi perché la distribuzione nei giorni non feriali possa essere, se non abolita, almeno contenuta e, soprattutto, ben regolamentata.

Si capiscono anche gli appelli della Chiesa a dedicare maggior spazio, nella ricorrenza settimanale, alla pratica religiosa. Anche se appare difficile persuadersi che le opportunità di dedicarsi allo shopping siano causa credibile del calo della frequenza nel culto e dell’attitudine ad osservare i doveri di credente. Chi ha a cuore questo problema ha sicuramente coscienza che su ben altro occorre interrogarsi.

Si spiega altresì la contrarietà dei piccoli esercenti alla situazione determinatasi, per l’evidente danno loro recato dalle aperture senza interruzione, oltre che dalla concentrazione dei punti di vendita in complessi dedicati facilmente raggiungibili.

Se tutto questo è quindi comprensibile e spiegabile, meno coerente appare invece l’adesione ad orientamenti analoghi da parte di ambienti politici, primi fra tutti quelli che esprimono i vertici istituzionali della Toscana e della gran parte delle amministrazioni locali della regione, che hanno favorito la grande distribuzione. Questa ha indubbiamente stravolto il panorama sociale dei nostri centri abitati, sostenuta con ogni probabilità anche per la propensione alla realizzazione di veri e propri «falansteri» del commercio, assai meglio adattabili a schemi prevalenti di contiguità tra politica e sindacalismo.

Rimane da considerare l’inclinazione dell’utenza e non è davvero poco. Guarda caso i consumatori sembrano davvero gradire la possibilità, se non proprio di fare acquisti, comunque di recarsi alla domenica presso i grandi centri commerciali, specie nel periodo estivo di questi tempi di crisi, dove ai negozi si associa l’aria condizionata. Come pure è bene accolta la possibilità di passeggiare nelle città con le rivendite aperte anche nei giorni di festa.

Si tratta indubitabilmente di un nuovo modo di impiegare il tempo libero, certamente favorito dall’offerta di opportunità attentamente studiate, sicuramente anche espressione di un consumismo dominante ma non per questo esecrabile. Un fatto attinente alla modifica degli usi e dei costumi e, quindi, di cultura. Ed è soprattutto su questo piano che occorrerebbe approfondire la valutazione. Sulla capacità della società odierna di elevarsi rispetto a stili di vita che, sebbene correlati a livelli di benessere ancora accettabili, sono ispirati a scelte comportamentali più subite che consapevoli.

Insomma andare la domenica al centro commerciale non sarà il massimo, ma certamente non si fa peccato né ad ogni modo si prevarica il prossimo o si commette reato.

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