E se il Cav. non sarà più Cav.?
C’è un timore che aleggia nelle redazioni d’Italia in vista del pronunciamento della Corte di Cassazione previsto per oggi. E’ una faccenda seria ma non riguarda il futuro del Paese, né l’eventuale caduta del governo, oppure le sorti di Pd e Pdl. La sentenza penale che giudicherà l’ex premier Silvio Berlusconi, in caso di condanna, si porta dietro anche risvolti paralleli come l’ormai famosa interdizione ai pubblici uffici e con essa… la revoca delle onorificenze cavalleresche. Di fatto, un Cavaliere del lavoro può decadere.
Dunque, se condannato, il Cav. non sarà più Cav. Un assioma che si vanifica incredibilmente per una stampa che è abituata da tempo a indicare leader e personaggi famosi con appellativi professionali: lo è stato per l’Avvocato (Gianni Agnelli) e lo è tuttora per l’Ingegnere (Carlo De Benedetti), oppure il Professore (originariamente Romano Prodi ma per un breve periodo rimpiazzato da Mario Monti).
Tutti appellativi non revocabili (a meno che non salti fuori qualche improbabile laurea falsa alla Giannino), a parte quello di Cav. appunto. Cavaliere del lavoro, infatti, è onorificenza basata sul lavoro da imprenditore svolto (nel caso di Berlusconi fu consegnata nel ’77 dopo i successi con Edilnord e Fininvest) ed è collegata a “principi di onorabilità” che vengono meno nel caso in cui l’insignito sia condannato con sentenza definitiva. L’articolo 13 del Regolamento di attuazione dispone che il Cancelliere del Giudice che l’ha pronunciata debba comunicare alla segreteria dell’Ordine copia della sentenza che porta automaticamente al giudizio di indegnità secondo i principi contenuti nell’articolo 5 della legge 178/1951.
E se “volgarmente” si potrà comunque continuare a chiamarlo Cav. anche se Cav. non sarà più, maggiori dubbi si porranno per gli operatori dell’informazione: come si farà a scrivere ancora Cav. nei titoli delle trasmissioni, nelle aperture dei giornali o nei pregevolissimi commenti di professori (con la p minuscola) ed editorialisti vari? La faccenda, appunto, è seria. Perché la parola Cav. ha tutte le caratteristiche giuste: è corta, identifica subito la persona, non si presta a fraintendimenti. Amata dai media “amici” e da quelli “nemici”.
Peccato che rischia di non essere più essere utilizzata: e dopo quasi 40 anni potremmo avere un’Italia con l’Ingegnere e il Professore, ma senza il Cavaliere. A meno che la Cassazione…