No Tav terroristi?
Dodici perquisizioni nelle case di altrettanti attivisti No Tav in Val Susa e a Torino. Fra gli altri, attivisti del centro sociale Askatasuna. Il blitz della Digos (coordinato dal procuratore aggiunto Sandro Ausiello e dai pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo) è collegato alla catena di episodi di violenza avvenuti negli ultimi mesi al cantiere di Chiomonte. E’ la prima volta che la procura torinese contesta ai No Tav l’accusa di attentato per finalità terroristiche o di eversione. I tre pm torinesi che procedono sono gli stessi che quattro anni fa, con l’ausilio del prefetto e delle forze dell’ordine, condussero le inchieste sugli atti eversivi dei centri sociali. Nelle perquisizioni a Torino e in Val Susa sono stati sequestrati pc e telefoni cellulari, artifizi esplosivi e altro materiale utile alle indagini.
L’accusa fa riferimento all’assalto dello scorso 10 luglio, quando gli appartenenti alle forze dell’ordine furono costretti a uscire dalle reti del cantiere per poi essere presi di mira con bombe carta, petardi e pietre lanciati ad altezza d’uomo. Secondo la procura tale modalità di azione configurerebbe finalità terroristiche ed eversive. L’attacco del 10 luglio era stato preceduto e poi seguito da numerosi altri analoghi. In tutti gli episodi gli attivisti agirono a volto coperto, vestiti di nero per nascondersi nel buio, armati di esplosivi, spranghe, fionde e bombe molotov. Esponenti della stessa area potrebbero essere gli autori della catena di attentati contro le aziende che operano nei cantieri e delle minacce ai lavoratori. Tre attivisti, tra cui un capo di Askatasuna, Lele Rizzo, sono infatti indagati per stalking.
«Gli amministratori condannano ogni forma d’azione illegale nei confronti del cantiere e ritengono giusto che polizia e magistratura facciano indagini per accertare i responsabili di queste azioni ma personalmente credo che sia sbagliato ipotizzare i reati di eversione e terrorismo perché si tratta di un altro film che non può essere girato in Valle». E’ il commento di Sandro Plano presidente Pd della comunità montana Valsusa e Valsangone all’inchiesta della magistratura. Secondo Plano «non si può minimizzare il problema ma nemmeno massimizzarlo e dunque le proteste violente, che io condanno, devono essere inquadrate per quel che sono: si può parlare di estremismo o antagonismo di assalto con strategie militari ma non di eversione e terrorismo». E aggiunge: «qui c’è una valle che non vuole questo treno. I sindaci chiedono un incontro e si risponde con indagini che partono da accuse di eversione e terrorismo». Plano si mostra preoccupato per questa situazione di muro contro muro. E per questo motivo che chiede un «incontro urgente con il premier Letta perché il governo che deve decidere come uscire da questa situazione cioè se buttare a mare miliardi oppure investirli in qualcosa di più utile alla società».
La situazione valsusina è stata discussa nel corso del 3° Forum Contro le Grandi Opere Inutili e Imposte, tenutosi dal 25 al 29 luglio a Stoccarda con la presenza di comitati e gruppi di protesta di tutta Europa. “La sproporzione tra i fatti e le accuse è assurda. Opporsi alla distruzione del territorio e ai profitti di pochi costruttori e delle banche è considerato terrorismo ed eversione”: questo il giudizio espresso in un comunicato del Comitato NO TUNNEL TAV di Firenze.
Il governo, in realtà, ha già deciso di rispettare gli accordi con il governo francese e di andare avanti con la Torino – Lione. Potrebbero invece essere risparmiati i miliardi che saranno spesi per realizzare il costoso sottoattraversamento ferroviario per l’Alta Velocità a Firenze, che alcuni giudicano inutile. Lo scavo della talpa dovrebbe riprendere a settembre, in attesa che le indagini della magistratura chiariscano completamente l’intera vicenda. L’ AD delle FS, Mario Moretti, ha affermato che dovrà però essere affrontato il problema delle terre di scavo.
E’ ben vero che si finanziano lavori pubblici già programmati e si aiuta l’economia a ripartire, ma forse ci sarebbe qualche emergenza (lavoro, sostegno alla disoccupazione giovanile) per la cui soluzione l’impiego di quei fondi potrebbe essere molto più utile.