Emergenza in volo nei cieli di Pisa
PISA – Sono circa le 13.00 locali quando il controllo di Milano «passa» al radar di Pisa un velivolo civile (un bimotore turboelica P-180) proveniente dalla Germania, che ha appena «dichiarato emergenza». Ha perso tutte le indicazioni di velocità, in pratica l’anemometro di bordo è fuori uso.
Lo stato di emergenza dà al velivolo interessato la precedenza assoluta all’atterraggio sull’aeroporto richiesto, su cui viene sospesa ogni attività operativa da parte degli altri velivoli (avvicinamenti, rullaggi, atterraggi e decolli) e vengono rischierati in prossimità della pista i mezzi antincendio e le ambulanze.
Il controllore radar comincia l’assistenza dando al velivolo indicazioni di prua e di quota per farlo scendere in sicurezza verso l’aeroporto pisano, separandolo dagli altri velivoli in volo, dagli ostacoli a terra e per quanto possibile, dai fenomeni meteorologici più pericolosi. Quel giorno il tempo su Pisa non è dei migliori.
In quegli stessi momenti sta volando in zona un C-130J della 46ª Brigata Aerea, per una missione di aviolancio, sospesa anch’essa per le avverse condizioni meteo. Una comune intuizione, la consapevolezza delle rispettive professionalità ed un rapido coordinamento tra il capo equipaggio del C-130 (il maggiore pilota Andrea Quaglia), il capo turno della sala operativa della 46ª (tenente colonnello pilota Massimo Carena) ed il controllore radar (maresciallo Danilo Delfino) fanno individuare una procedura che può dare al pilota tedesco una grossa mano nel risolvere il suo grave problema: atterrare senza anemometri. Senza cioè lo strumento indispensabile che misura la propria velocità in aria.
Ottenuta l’approvazione dei vertici della Brigata e soprattutto il consenso del pilota in emergenza, l’operazione vede il radar guidare il C-130J fino ad affiancarsi al P-180. A quel punto il maggiore Quaglia, che tra le varie qualifiche possiede anche quella per il volo in formazione, si pone costantemente accanto al velivolo in avaria. Comincia così a fornigli via radio le indicazioni della velocità a cui si sta muovendo, per tutta la fase di avvicinamento al campo. Il pilota tedesco può così svolgere con tranquillità ed in sicurezza tutte le numerose manovre previste in tale fase che è notoriamente una delle più delicate e complesse del volo. E finalmente tocca la pista, tra la soddisfazione di tutti.
Quanto immaginato, coordinato e realizzato dai protagonisti di questo evento non ha nulla di eroico ed eclatante, ma ha avuto l’indiscusso merito di risolvere una grave emergenza che aveva tutte le potenziali caratteristiche per sfociare in un incidente aereo.
La realizzazione di questo «anemometro virtuale» (è il pilota militare che si è sostituito di fatto all’apparecchiatura guasta del velivolo civile) ha infatti consentito al pilota tedesco di operare con la sua normale professionalità e con quella tranquillità psicologica che ha allontanato dalla sua mente tutti quei dubbi che normalmente ti attanagliano in queste circostanze: se sono troppo veloce ho buone possibilità di danneggiare il velivolo anche al limite della sua incontrollabilità; se sono troppo lento rischio di non farcela a restare per aria. Tutte situazioni che espongono concretamente al pericolo di «andare nel pallone» e mettere in atto manovre o prendere decisioni devastanti.
Un’ultima considerazione su come tutto ciò si sia svolto in termini di pacata professionalità e senza toni roboanti, quasi in sordina. Ne stiamo infatti parlando dopo più di una settimana da quando l’evento si è verificato: lunedì 29 luglio 2013, una settimana fa. Con l’unico riconoscimento che deriva dalla consapevolezza di aver fatto al meglio il proprio lavoro e dall’intima soddisfazione dell’aver ricevuto una sincera telefonata di ringraziamento da parte di un riconoscente pilota tedesco.