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Giovanni Senzani

Il caso Senzani: ex terroristi sempre alla ribalta

Giovanni Senzani
Giovanni Senzani

Non è la prima volta, e purtroppo non sarà neppure l’ultima. Le cronache e lo spettacolo spalancano il proscenio ai vecchi protagonisti degli anni di piombo, in spregio ai sentimenti e al dolore dei parenti delle vittime dei loro atti criminali.

Questa volta sale in cattedra Giovanni Senzani, il brigatista che ideò il rapimento e l’assassinio di Roberto Peci, l’operaio che aveva l’unica colpa di essere il fratello di un «pentito» br. Partecipa al Festival di Locarno e rievoca quei fatti. Appare gelido, senza un filo di emozione, racconta i dettagli dell`uccisione di Peci: era il 3 agosto del 1981, il terrorista allora filmò l’esecuzione («Una decisione politica») dopo aver ideato il sequestro durato 55 giorni. Senzani, libero dal 2010 senza mai aver dato segni di pentimento, è interprete del film «Sangue», diretto da Pippo Delbono, e vive una giornata da protagonista commentando il film.

Il racconto dell’uccisione di Peci è fatto per la prima volta, con un cinismo che impressiona. Senzani parla della preparazione del gesto, del trasporto del ragazzo, della sua esecuzione. Afferma di non essere più né un cattivo né un buon maestro. «Ai funerali del compagno Prospero Gallinari», riprodotti nel film tra drappi, garofani e bandiere rosse, «molti ragazzi alzavano il pugno chiuso parlando delle cose di oggi, ma nessuno di noi anziani li ha imitati. Sappiamo che è una storia finita per sempre ma su cui non sarebbe oggi giusto dare un giudizio o fare un bilancio anche perché le Brigate Rosse, con la loro scelta politica probabilmente sbagliata ma lottando per idee giuste, sono state un pezzetto di storia nel panorama delle rivoluzioni mondiali». Ma riconosce: «Per le Br è finita. Ora noi siamo fuori dalla storia».

Si prova sempre un certo disagio quando un uomo che ha ucciso un altro uomo con la spietatezza del killer cerca di spiegare la sua visione del mondo, riscrivendo in qualche modo fatti criminali profittando della benevolenza dei media. È accaduto molte volte e ogni volta ci si chiede perché il ricordo degli anni di piombo sia quasi sempre affidato da autori e registi a chi stava dalla parte sbagliata e non alle vittime. Perché spesso si cerchi, forse inconsapevolmente, anche in tal modo di giustificare il terrorismo brigatista. Il caso di Senzani e dell’omicidio Peci rientra in questo filone.

Al dì là di ogni valutazione artistica si corre il rischio dell`esaltazione di chi, in quegli anni, è stato protagonista di un imbarbarimento morale e politico della società. C’è stata una stagione di vili agguati ed assassini, nell’Italia del terrore, eseguiti da una parte sola. Ci sono stati rappresentanti delle istituzioni, semplici cittadini uccisi a sangue freddo mentre svolgevano il proprio dovere. Di questi eroi della normalità il brigatista non pentito Senzani non parla, affidandosi al giudizio della storia che ha condannato lui e i suoi compagni.

Il procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli – che, allora giudice istruttore, interrogò Patrizio Peci –ha duramente condannato lo show indecente del killer delle br, ma è stato uno dei pochi. Anche noi siamo a fianco dei familiari delle vittime, insultati e vilipesi da questi intellettuali fuori dal tempo e dalla storia, che realizzano spettacoli probabilmente finanziati anche con fondi pubblici. Speriamo almeno che al film non sia data la pubblicità che non merita e che non trovi ospitalità in quei circuiti compiacenti legati a una ben determinata parte politica.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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