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Paola Amadei: ecco l’Oman degli italiani

Paola Amadei, ambasciatore d'Italia in Oman
Paola Amadei, ambasciatore d’Italia in Oman

da MUSCAT (Oman) – Ambasciata d’Italia in Oman. Un’elegante palazzina nel quartiere delle residenze diplomatiche di Muscat, la capitale del sultanato costola meridionale della grande penisola arabica. Fa quasi effetto trovare un pur elegante ma fragile cancello all’ingresso, dopo quelli superblindati di ambasciate come Kabul e Baghdad, controllate a vista da carabinieri delle forze speciali.

Al suo tavolo di lavoro, sorridente e operativa, c’è l’ambasciatore Paola Amadei, una delle non molte donne (in tutto sono attualmente 12) in carriera diplomatica ad aver raggiunto questo importante incarico. Romana, prima esperienza all’estero a Singapore, quindi Ue Bruxelles, Roma e poi ancora Ue Bruxelles. Da un anno è in prima linea in Oman, la solida realtà medio orientale indenne dalle turbolenti crisi del mondo arabo e che guarda al futuro con perseveranza e ottimismo. Dove lo sviluppo si chiama industria, turismo, cultura.

Paola Amadei ha appena avuto un incontro con il suo nuovo addetto alla Difesa, il capitano di vascello Stefano Crementieri (appena arrivato dal comando elicotteri della Marina a Luni) che sta prendendo le consegne dal fiorentinissimo capitano di vascello Antonello De Renzis Sonnino, che rientra in Italia dopo due anni. La giornata dell’ambasciatore è un costante incrocio di contatti tra la realtà omanita e gli operatori italiani che, in numero sempre maggiore, si rivolgono alla nostra rappresentanza diplomatica per avere supporto circa le opportunità che questo paese può offrire.

L'Oman è un cantiere
L’Oman è un cantiere

L’Oman è un grande cantiere. Molto è stato fatto da quando nel 1970 è salito al trono il sultano Qābūs bin Saʿīd (scuola e formazione militare nel Regno Unito) ma il piano di sviluppo ha come obiettivo almeno l’anno 2020. «Quando accolgo delegazioni italiane all’aeroporto – dice l’ambasciatore Amadei – per prima cosa faccio vedere le gru presenti sul territorio. Una testimonianza viva di come questo paese si sta muovendo».

Significativa la presenza italiana in questo lembo d’Arabia, grande come l’Italia ma con appena 2,8 milioni di abitanti, di cui oltre il 20% stranieri. La Fata del gruppo Finmeccanica sta realizzando un grosso impianto per la produzione di nastro di alluminio che darà lavoro a circa 270 persone. La Italferr si è appena aggiudicata l’appalto per la progettazione della nuova linea ferroviaria (la prima nel paese) di oltre 2200 chilometri, che collegherà il porto commerciale di Salalah a sud con il resto del paese. Altri i nomi sul tavolo dell’ambasciatore Amadei. Tra questi la Renardet Bonifica, Swissboring del gruppo Trevi, Impresa spa, Sering, Federici Stirling Batco, tutte realtà operanti nel settore edilizia e infrastrutture. Come non mancano società di designer e progettazione.

Ma anche la piccola e media impresa italiana può trovare sbocchi in Oman. L’ambasciatore non ha dubbi: «Il made in Italy piace. Non sono pochi i casi, ad esempio, in cui gli omaniti comprano in Italia mobilio per arredamento e prodotti manufatturieri». E se un imprenditore italiano vuole investire in Oman? «Naturalmente il governo favorisce l’imprenditoria locale, ma anche gli investitori esteri sono ben accolti, a condizione che operino in regime di joint venture con partners omaniti». Un partner però non lo si trova facilmente. «L’imprenditore – dice Amadei – può rivolgersi all’Ambasciata d’Italia, dove gli forniremo tutta l’assistenza possibile, mettendolo soprattutto in contatto con le istituzioni preposte ed in particolare con la Camera di Commercio dell’Oman».

La Royal Opera House di Muscat
La Royal Opera House di Muscat

La cultura è l’altra strategia vincente di questo paese. Investire in cultura significa scuole e istruzione per le giovani generazioni. L’Oman è un paese «giovane», dove l’età media è di appena 24 anni e occorre dare lavoro ai giovani. Ma vuol dire anche restaurare un patrimonio culturale con secoli di storia alle spalle, fatto di castelli, fortezze, musei e scavi archeologici in cui il contributo italiano è particolarmente apprezzato, non solo per offrire lavoro ma anche perché gli omaniti siano consapevoli e orgogliosi del loro passato. E al tempo stesso come volano per attrarre flussi turistici.

Non è un caso che la Royal Opera House di Muscat (inaugurata nel settembre 2011 con la Turandot prodotta da Zeffirelli) sia l’unico teatro dell’opera esistente nella penisola arabica. Alle recite non assistono solo gli omaniti, ma molti appassionati provenienti dall’estero. E intanto il 14 settembre va in scena «Il Barbiere di Siviglia» con l’orchestra e il coro del Teatro San Carlo di Napoli. Seguirà in ottobre «La Traviata» con l’Orchestra regionale delle Marche e il Chorus Lirico Marchigiano. Le relazioni Oman-Italia passano anche attraverso le note del pentagramma.

(1 – CONTINUA)

Sandro Addario

Giornalista

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