Istat, crollano Pil e spesa delle famiglie
FIRENZE – E c’è chi parla di ripresa? Suvvia! Nonostante i richiami all’ottimismo da parte del governo, nel secondo trimestre del 2013 il Pil è diminuito dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e del 2,1% nei confronti del secondo trimestre 2012. Lo comunica l’Istat rivedendo al ribasso la stima preliminare diffusa il 6 agosto quando era stato rilevato un calo congiunturale dello 0,2% e tendenziale del 2%. In questo modo, la variazione acquisita del prodotto interno lordo per il 2013 è pari a -1,8%.
Le percentuali evidenziano un Paese che peggiora mese dopo mese. A marzo la variazione acquisita era dell’1,5%, rivista poi all’1,6% a giugno, corretta all’1,7% a inizio agosto quando il ministro dell’economia, Fabrizio Saccomanni, pronosticava la fine della recessione e, infine, tagliata ancora oggi. Confermato, inoltre, che il secondo trimestre del 2013 è stato l’ottavo consecutivo in calo.
Crolla ovviamente, come conseguenza, anche la spesa delle famiglie sul territorio nazionale che nel secondo trimestre dell’anno 2013 ha registrato un calo in termini tendenziali del 3,3%. Gli acquisti di beni durevoli sono diminuiti del 7,1%, gli acquisti di beni non durevoli del 3,3% e gli acquisiti di servizi dell’1,8%.
Per l’agricoltura calo congiunturale del 2,2% e tendenziale del 2,6%; per le costruzioni -0,9% e -6,9%; servizi -0,3% e -1,2%.
Se diamo uno sguardo alle altre economie, arrossiamo e capiamo come la nostra Italia sia anni luce lontana dai Paesi con i quali si siede a trattare di scambi commerciali, direttive europee. Nel secondo trimestre il Pil è cresciuto in termini congiunturali dello 0,7% in Germania e nel Regno Unito, dello 0,6% negli Stati Uniti e in Giappone e dello 0,5% in Francia. In termini tendenziali, si è registrato un aumento dell’1,6% negli Stati Uniti, dell’1,5% nel Regno Unito, dello 0,9% in Giappone, dello 0,5% in Germania e dello 0,3% in Francia. Nel complesso, il Pil dei Paesi dell’area Euro è aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente. Non è quindi allarmismo riportare che l’Ocse considera l’Italia l’unico paese in recessione.