Concordia processo: 10 ore di domande per Iaccarino
GROSSETO – Seduta fiume, ieri, al processo della Concordia, per ascoltare il primo ufficiale di coperta, Giovanni Iaccarino. Il teste ha risposto per circa dieci ore, dalle 9:30 alle 19:40 (con eccezione di due pause di pochi minuti) alle domande della Procura e degli avvocati delle parti. Oggi è prevista la deposizione in Aula del cartografo della Concordia Simone Canessa e di Salvatore Ursino, ufficiale in addestramento.
Non c’è la moldava Domnica Cemortan, a casa per il figlio malato. In totale sono 1040 le testimonianze previste sulla carta.
La Costa Concordia ebbe un solo colpo mortale dagli scogli dell’Isola del Giglio. Bastò un urto per segnarne la sorte, e i suoi ufficiali a bordo se ne accorsero subito, in pochi minuti. Uno di loro, Giovanni Iaccarino, lo ha ricordato al processo di Grosseto. Dal suo racconto è emerso che la plancia di comando, pur informata, nicchiò: ritardò l’allarme generale, e l’ordine di evacuazione. Eppure, ha detto l’ufficiale, «dopo dieci minuti dall’urto avevamo perso tutto, generatori diesel, motori elettrici, il quadro elettrico principale. La nave era persa» ha raccontato Iaccarino, testimone-chiave dell’accusa perché andò a ispezionare di persona i ponti inferiori invasi dall’acqua per riferire al comandante. «Quando dicevo alla plancia che la situazione era grave mi dicevano ‘Ok ricevuto’ ma non mi davano ordini su cosa fare. In plancia c’era troppa calma, mentre giù ai ponti inferiori l’acqua saliva, non funzionava più niente, e non sapevamo cosa fare. Compresi che stavamo affondando in pochi minuti, era pericolosissimo rimanere». L’urto c’era stato alle 21.45. Alle 22, quindi, il ponte di comando aveva gli elementi per sapere già che la Costa Concordia stava per affondare. «Io e l’ufficiale Simone Canessa -ha ricordato il momento dell’urto- eravamo a riposo, in cabina. Mentre giocavamo alla playstation avvertimmo una sbandata della nave. Caddero materiali, pensammo di aver preso una secca o di aver fatto collisione, poi andai in plancia, vidi Schettino mettersi le mani nei capelli e dire ‘Che guaio ho fatto’. Quindi fu il comandante in seconda Bosio a dirmi di andare a vedere sotto -ha detto Iaccarino- Schettino credo che non si oppose, se no non ci sarei andato. Vidi che i generatori diesel 1, 2 e 3, la centrale elettrica e i Pem, i propulsori elettrici della nave, alimentati dai generatori a diesel, erano allagati. Comunicai la situazione, ritenevo che anche i generatori 4, 5 e 6 dovevano essere ko, poi lo accertai, poi quando vidi l’acqua al ponte zero era tutto perso».
La testimonianza di Iaccarino è stata ripartita tra le rituali dichiarazioni in aula e un video, sottotitolato, girato a bordo della nave gemella Costa Serena, dove ai pm illustra le varie fasi del naufragio. Iaccarino ha anche testimoniato su altre fasi. «Schettino voleva fare il passaggio ravvicinato al Giglio già la settimana prima -ha detto- Ma non fu possibile perché non c’erano le condizioni adatte, c’era troppo mare e l’idea fu abbandonata, poi ridette l’ordine la sera del 13 gennaio 2012 dopo aver salpato da Civitavecchia e con Canessa fu rifatta la rotta col passaggio a 0,5 miglia dal Giglio anziché cinque. Il passaggio al Giglio in entrambi casi non era previsto nei programmi ufficiali della Costa Concordia».
Sempre su Schettino, Iaccarino, poi impegnato nei soccorsi ai naufraghi, ha detto di averlo visto «sul ponte 3 della nave aiutare i passeggeri a raggiungere le scialuppe di salvataggio».