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Meno pensioni più tasse

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Lasciate stare i pensionati. Un titolo ineccepibile di un recente editoriale altrettanto ineccepibile di un noto quotidiano nazionale. Colpire ancora una volta le pensioni, ancorchè di una certa consistenza (sopra 3.000 euro lordi ovvero 2.000 netti), per pareggiare il bilancio è una scelta che assume carattere di vessazione tanto sono stati contratti i trattamenti, specie in termini di mancati adeguamenti, ed inaspriti i requisiti di accesso, in una situazione in costante mutamento normativo e di incertezza di aspettative per un gran numero di soggetti e di famiglie.

Ma allo stesso modo si potrebbe reclamare di lasciar stare i lavoratori, senza parlare di chi il posto lo ha perso e naviga a vista. Eppure anche costoro continuano a sostenere un carico fiscale enorme, con le retribuzioni che perdono potere di acquisto, quando non sono addirittura da anni bloccate da come per i pubblici dipendenti.

Ma dovremmo anche lasciar stare anche gli imprenditori, in particolar modo i piccoli, ormai asfissiati, oltre che dalle tasse, dai ritardi dei pagamenti e dalla ritrosia delle banche per i necessari finanziamenti.

E che dire dei proprietari di un’abitazione e, magari, di qualche altro appartamento ove hanno investito i loro risparmi. Massacrati prima dall’Ici, poi dall’Imu e tra poco dalla Tares, tutti prelievi che hanno assestato un colpo micidiale al mercato immobiliare con il crollo del comparto edile.

Fermiamoci. Se andiamo avanti arriviamo a dover lasciar stare almeno il 98/99% degli Italiani. Come peraltro è confermato dai dati sulla pressione fiscale, ancora in crescita sebbene la più alta in Europa.

Parliamoci chiaro: se a questa classe politica rimane un residuo di lucidità, essa non può che avviare un’inversione di tendenza, tanto si è ormai tirata la corda. Ma da dove cominciare? Si potrebbe iniziare dalle addizionali che ogni contribuente versa a livello locale. Per quali servizi aggiuntivi (che francamente è difficile apprezzare), oltre a quelli finanziati dalle rimesse dello Stato, vengono ad esempio utilizzate le cospicue addizionali Irpef per la regione Toscana ed il comune di Firenze? Potrebbero questi servizi essere in alternativa gestiti direttamente dai cittadini tramite cooperative o mediante altre soluzioni imprenditoriali? Sappiamo di voler provocare ed immaginiamo bene la risposta di chi vedrebbe così ridimensionate le proprie competenze e, quel che più conta, il proprio potere, accumulato in termini chiaramente indigesti grazie all’inaudita riforma del titolo V° della Costituzione.

Sappiamo anche che la classe politica, specie quella dell’orientamento qui da tempo dominante, non vuole ridurre le tasse perché si vuole occupare di noi. «I care» recitava uno slogan di successo in una non lontana campagna elettorale: voglio prendermi cura di te, mio caro concittadino. Potrebbe sembrare un intento generoso. In realtà c’è da essere preoccupati. E molto.

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