Turn over ridotto nelle università
Le università italiane nel recente passato – anche a causa delle voragini aperte nei conti di alcuni atenei, oggetto talvolta d’inchieste penali – hanno subito un rilevante taglio dei finanziamenti e non hanno potuto sostituire il personale docente che è andato in pensione. Ciò potrebbe provocare un impoverimento dell’offerta formativa, benché molti insegnamenti fossero stati attivati per ragioni clientelari più che per vere e proprie necessità didattiche.
I vari governi hanno introdotto regole stringenti e, per l’anno 2013, il ministero dell’istruzione ha previsto che possano essere assunti poco più di 400 docenti universitari, a fronte dei 2300 che sono andati o andranno in pensione. La possibilità di attuare il turn over è stabilita sulla base di una graduatoria calcolata dal ministero in relazione allo stato dei bilanci dei singoli atenei. Dalla graduatoria emerge che vi sono differenze evidenti da sede a sede. La Scuola Normale e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa sono al vertice della classifica, mentre in coda ci sono le università pugliesi e quelle sarde. Neppure le università toscane se la passano troppo bene e sono nella parte bassa della graduatoria. Pensate che, a fronte del punteggio (oltre 200) assegnato alla Scuola Superiore Sant’Anna, le università di Siena, Firenze e Pisa ottengono rispettivamente 6,85; 14,66; 20,93.
Nella classifica della qualità della ricerca, stilata dall’Anvur, l’agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, Pisa è 12°, Siena 16° e Firenze 23°, su un totale di 32 università esaminate.
I rettori di Foggia e Bari hanno già protestato contro quella che ritengono la strada che porterà alla creazione di università di serie A e di serie B. Anche i politici pugliesi (Niki Vendola in primis) sono sul piede di guerra, pronti a difendere le loro università che risultano, secondo i criteri citati, le meno virtuose e dunque le più penalizzate nel ricambio dei docenti.
In risposta alle polemiche il ministro Maria Chiara Carrozza ha sostenuto che «ci sono atenei che hanno fatto un ottimo risanamento, altri hanno lavorato meno bene e non possono pretendere la stessa attenzione» e che comunque «il ministro non entra nelle graduatorie che escono dalla direzione generale».
Quanto all’università di Firenze, gli sforzi di risanamento intrapresi dall’attuale rettore vengono resi più difficoltosi dall’eredità negativa delle gestioni precedenti. Vi sono insegnamenti, anche fondamentali, che saranno destinati, se non a sparire, a subire grandi difficoltà, mentre non correranno questo rischio settori con un numero di docenti pletorico, che sono in genere, guarda caso, quelli di provenienza degli ultimi rettori.