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Anarchici indagini e processi

genova
Il Palazzo di Giustizia di Genova

Tensione a Genova per il processo per l’attentato a Roberto Adinolfi, allora Ad di Ansaldo Nucleare, ferito a una gamba il 7 maggio 2012, sotto casa sua. Sul banco degli imputati, Alfredo Cospito e Nicola Gai: i due, ritenuti componenti della cellula Olga della Federazione Anarchica Informale, sono accusati di lesioni gravi con l’aggravante della finalità di terrorismo, furto, e detenzione e porto di arma clandestina. Nell’aula erano presenti anche una quarantina di persone, tra alternativi e dissidenti. All’arrivo dei due imputati i loro sostenitori hanno applaudito e scandito «Libertà, siamo sempre qua».

I pm hanno ricostruito tutte le fasi dell’attentato al manager. Ricostruite anche le fasi successive che hanno portato poi all’arresto. «E’ vero che Cospito e Gai oggi hanno confessato – ha detto il pm Piacente -. Ma manca la seconda parte della confessione: loro non si dissociano, ma anzi hanno disprezzo per le autorità e le norme». I pm hanno perciò chiesto la condanna a dodici anni per Alfredo Cospito e dieci anni per Nicola Gai. I due, nonostante il divieto del giudice, volevano leggere un documento in cui sostengono che «non riconoscono questo ordine democratico». Per questo sono stati allontanati dall’aula, e a questo punto i loro compagni hanno urlato «Fascisti, Vergogna» all’indirizzo di giudice e pm. L’udienza è poi ripresa; gli anarchici hanno organizzato un corteo per le strade della città e hanno poi occupato alcuni locali della facoltà di Lettere. Il processo è stato rinviato al 12 novembre per le repliche e la sentenza.

Assistiamo sempre allo stesso copione, gruppi di anarcoinsurrezionalisti progettano attentati, che talvolta vanno a segno, come nel caso di Genova. A livello politico e di opinione pubblica seguono polemiche, processi, sentenze e discussioni in quantità. Per fortuna lo Stato agisce e si è attrezzato per cercare di prevenire questi eventi. A Padova, ad esempio, magistrati, prefetto, questore e responsabili delle forze dell’ordine hanno lavorato molto bene in fase di prevenzione, evitando che gli eversori colpissero i loro bersagli. Non a caso sono state scoperte e sgominate, prima che potessero agire, le Nuove br. Il caso di Genova è particolare: lì in passato i responsabili delle investigazioni e della sicurezza non hanno colto cosa bolliva in pentola e perciò le istituzioni sono intervenute a cose fatte. Ma per fortuna nella maggior parte dei casi possiamo contare su magistrati, prefetti e responsabili delle Forze dell’ordine di altissima professionalità. Le vicende più recenti, anche quelle della Val di Susa, testimoniano indubitabilmente questa circostanza.


Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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