Gino Bartali «Giusto fra le Nazioni»
«Non era facile per papà parlare di certe cose e sì che ha portato per migliaia di chilometri nascosti nella sua bicicletta, carte d’identità, carte annonarie, denaro, documenti vari. Ma quando noi familiari o anche i giornalisti facevamo certe domande, lui rispondeva laconico: ho solo portato delle cose da un posto all’altro». Così Andrea Bartali ha commentato la memoria del padre Gino Bartali, il campione di ciclismo che da ieri è «Giusto fra le Nazioni», per aver aiutato e salvato tanti ebrei durante la seconda guerra mondiale.
Cerimonia molto partecipata quella organizzata all’interno della Sinagoga di via Farini a Firenze dalla Comunità ebraica, dall’Ambasciata di Israele e dal Comune di Firenze per la consegna della medaglia di «Giusto fra le Nazioni» alla memoria del «ginettaccio» nazionale. La motivazione del prestigioso riconoscimento è stata commentata da Sara Cividalli, presidente della Comunità ebraica, che ha fatto gli onori di casa porgendo l’iniziale saluto di benvenuto agli invitati e alle Autorità presenti tra cui l’Ambasciatore di Israele in Italia Naor Gilon. Cividalli ha ricordato l’opera di Gino Bartali nell’ambito della «rete» di soccorso voluta e guidata dal rabbino di Firenze Nathan Cassuto e dall’arcivescovo Elia Angelo Dalla Costa – anche lui nominato «giusto» per la sua intensa attività svolta a vantaggio del popolo d’Israele – concludendolo con un passo del Talmud: «chi salva una vita salva il mondo intero».
Il sindaco Matteo Renzi si è detto orgoglioso delle pietre e delle persone che hanno fatto la storia di Firenze in quel tragico periodo seguito alle leggi razziali, in particolare Bartali «campione nello sport e campione nella vita». Un esempio – ha concluso rivolto ad una rappresentanza di giovani studenti – che è «un luminoso esempio della grandezza di Firenze, grande nella sua storia non solo nelle pietre ma nei fatti e nelle persone». L’Ambasciatore Gilon ha ricordato che Israele deve molto al campione toscano che «a rischio della propria vita ha salvato quella di tanti ebrei, un grande campione di umanità il cui nome è oggi scolpito nel mausoleo a Yad Vashem. Gino Bartali è come una candela che deve illuminare il nostro cammino». Nell’intervento conclusivo il rabbino capo di Firenze Joseph Levi, chiamando in causa il versetto della Bibbia «Sono io il custode di mio fratello», ha esortato tutti a seguire l’esempio di Bartali.
La consegna del riconoscimento è stata preceduta da testimonianze scritte e verbali rese da alcuni «salvati» che a quel tempo erano giovanissimi e meno giovani, alcuni presenti nella Sinagoga ed altri che per motivi d’età non hanno potuto lasciare Israele. Tutti uniti da sentimenti di commovente gratitudine per essere stati ospitati da Gino chi in una cantina, chi un appartamento, chi in una soffitta, per giorni o per mesi, chi a Firenze, che nei dintorni, chi solo chi con la famiglia: i più in attesa di ottenere un «documento» che aprisse loro le porte verso la salvezza. Grazie Gino!