Incendio nella fabbrica a Prato, vivere e morire nei capannoni cinesi
PRATO – Attorno alla fabbrica bruciata in via Toscana a Prato si snoda tutto il sistema industriale del pronto moda cinese che alimenta il mercato dell’abbigliamento europeo. Si tratta di un metodo di produzione dei vestiti che si basa sulla velocità di realizzazione dei capi e sulla loro quantità. Il labirinto di ditte del Macrolotto, per lo più a conduzione cinese e con mano d’opera cinese, sorge alla periferia sud del capoluogo laniero.
Le aziende orientali a Prato sono circa 5 mila. Quasi 4 mila operano nel settore dell’abbigliamento e la metà di queste è insediata nella zona del Macrolotto. Nel corso dei numerosi controlli è emerso come spesso, all’interno dello stesso capannone, ci sia un numero di ditte maggiore dell’unità immobiliare che le contiene: più aziende condividono uno stabile, oltre che macchinari e parte della mano d’opera.
Più di un quarto degli operai controllati quest’anno dalla squadra interforze pratese è risultato irregolare. La percentuale delle irregolarità cresce a dismisura se si cerca di rappresentare gli abusi edilizi, igienici e di sicurezza dei capannoni controllati: più della metà sono non conformi alle leggi.
A preoccupare sono soprattutto le comuni commistioni fra la parte di realizzazione industriale e i luoghi, edificati abusivamente con l’uso di legno e cartongesso, utilizzati per il ristoro e per il pernottamento degli operai. Sono migliaia, dall’inizio degli anni Duemila, i piccoli spazi di circa tre metri quadri rinvenuti dagli agenti nel retro e nei soppalchi delle ditte: luoghi chiamati loculi nei quali gli operai cinesi dormono o si riposano quando il loro turno finisce.