Incendio nella fabbrica di Prato, il mondo del lavoro si ferma
FIRENZE – Uno stop simbolico in tutti i luoghi di lavoro della Toscana, alle 12 di domani, mercoledì 4 dicembre, per manifestare il dolore per le vittime cinesi del rogo di Prato e ribadire un no chiaro e netto allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
E’ l’iniziativa lanciata dalle segreterie regionali di Cgil, Cisl e Uil e rivolta ai lavoratori, ma anche a tutti i toscani, da attuare domani, nel giorno in cui Prato ricorderà con il lutto cittadino le sette vittime cinesi del rogo del Macrolotto.
«La Toscana del lavoro si fermi –dicono i segretari regionali delle tre confederazioni Alessio Gramolati (Cgil), Riccardo Cerza (Cisl) e Vito Marchiani (Uil)- per esprimere la propria solidarietà ai sette lavoratori cinesi morti nel rogo al Macrolotto e per ribadire che nel lavoro, non deve esserci sfruttamento, non deve esserci mancanza di diritti e di legalità, non deve esserci violazione della dignità della persona, indipendentemente dal colore della pelle, dalla nazionalità e dalla comunità di appartenenza».
Nel pomeriggio, alle 18.30, Cgil, Cisl e Uil di Prato hanno organizzato una marcia silenziosa che partirà da via Pistoiese (angolo Via Bonicoli) per concludersi con la deposizione di una corona di fiori al monumento ai caduti sul lavoro in piazza San Niccolò.
«I morti sono tutti uguali, italiani o cinesi, clandestini o regolari, ogni volta che c’è un incidente, ogni volta che si muore per il lavoro, per noi è una sconfitta». Così il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, in un’intervista all’Unità sull’incendio avvenuto a Prato. Per Camusso «in quelle condizioni, come lavorano e come muoiono i lavoratori cinesi, siamo alla schiavitù vera e propria. Non mi torna il fatto che Prato è una città controllabile non è una megalopoli, con una presenza ben definita delle fabbriche cinesi».
La leader della Cgil spiega: «Noi della Cgil siamo stati spesso accusati di esagerare, di voler denunciare realtà economiche che non ci piacevano, proprio a Prato, perché vedevano e vediamo il pericolo di quelle condizioni di sfruttamento e di violenza. La comunità cinese si avvolge nella sua solitudine, spesso è impermeabile alle comunità in cui opera. E’ un fenomeno mondiale, riguarda tutti i paesi. Con i cinesi è un’impresa difficilissima. Abbiamo pochi delegati cinesi, pochi iscritti al sindacato».