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Omicidio stradale: cosa si aspetta la gente

Viale Matteotti

Dopo anni di attese e dibattiti speriamo sia la volta buona. Il reato di «omicidio stradale» verrà introdotto nel nostro ordinamento. Questo l’annuncio del ministro della Giustizia Cancellieri che ieri, nella giornata di Capodanno 2014, ha detto che presenterà entro la fine del mese un disegno di legge al governo perché la questione non è più prorogabile.

Ma vediamo di capire nella sostanza di cosa si sta parlando e cosa si attende la gente, che non dimentica i sempre troppi incidenti stradali con conseguenze letali, specie quando la cronaca si occupa di vittime giovanissime.

COLPA O DOLO – Da tempo si è auspicato un intervento legislativo teso a introdurre nel codice penale l’autonoma fattispecie delittuosa (ex facto oritur ius). L’obiettivo è quello di far uscire la fattispecie dal recinto della «colpa cosciente» per riqualificarla sotto il profilo del «dolo eventuale». Nel primo caso si parla dell’atteggiamento dell’agente che, pur rappresentandosi l’astratta possibilità di realizzazione del fatto, ne respinge il rischio, confidando nella propria capacità di controllare l’azione. Da qui la non-volizione. Nel secondo caso – il «dolo eventuale» – si verifica l’accettazione del rischio (quindi, volizione) che si realizzi un evento diverso, concretamente possibile, ancorché direttamente non voluto.

In altre parole, qualche cosa di più della colpa e qualcosa di meno dell’intenzione di uccidere. Si tratta di una questione tecnico-giuridica della massima rilevanza sulla quale si dovrà giocare la discussione parlamentare.

LE PROPOSTE – Abbiamo lavorato a lungo al progetto, fin dal 2011, insieme ai Comandanti della Polizia Municipale di Firenze e all’Asaps, nel tentativo di redigere quel testo che è poi stato recepito quale proposta di legge popolare dalle Associazioni promotrici dell’iniziativa partita da Firenze: reclusione fino a 18 anni, da un lato, ed ergastolo della patente, dall’altro. L’operazione, senza alcuna pretesa di completezza e di condivisione, risulta oggettivamente di difficile realizzazione.

L’indagine sul delta differenziale e di demarcazione dell’elemento soggettivo, infatti, postula un accertamento e una delibazione sulla ricorrenza dei distinti presupposti, che deve condurre a una valutazione di merito improntata a inscalfibile acribia, non caducata o inficiata da vizi di illogicità.

In tal senso numerose e spesso contraddittorie, sono state le proposte di legge che si sono avvicendate in merito – anche in tema di delega per la completa riforma del codice della strada. L’excursus storico-normativo dei reati stradali dimostra, tuttavia, come tali fattispecie siano state dal 2000 a oggi, più volte oggetto di riflessione a livello di diritto sostanziale e processuale.

BALDORIA GIURIDICA – Tali continui ripensamenti, uniti allo stratificarsi delle formulazioni, hanno prodotto una baldoria giuridica tale da rendere il dettato normativo così problematico, da rischiare di mettere in serio pericolo la realizzazione degli obiettivi, dando luogo a difficoltà interpretative e applicative.

Ogni intervento, infatti, lungi dal recare un’integrale ricostruzione dell’impianto normativo, si è limitato ad aggiungere singoli commi che, nel prevedere eccezioni, aggiunte, soppressioni, deviazioni, retromarce o, peggio ancora, «modifiche alle modifiche che modificano le modifiche» precedenti, non tengono conto del contesto all’interno del quale sono chiamati ad operare.

L’auspicio è, allora, che, almeno questa volta, il legislatore riesca a prendere le distanze da quel modus procedendi del passato che ha portato a ribattezzare la L. 102/2006, recante Disposizioni in materia di conseguenze derivanti da incidenti stradali, 6 articoli 6 errori.

(IN)SICUREZZA STRADALE – La cultura della (in)sicurezza stradale va ormai considerata un problema di interesse trasversale – dei Ministeri più direttamente coinvolti in materia (interni, infrastrutture e trasporti, salute e istruzione), delle varie istituzioni (ACI, compagnie di assicurazione e università) nonché degli enti pubblici territoriali (regioni, province e comuni) – che richiede un rapporto di collaborazione interdisciplinare e di comune linguaggio in guisa da divenire patrimonio collettivo di tutti gli operatori.

La «nuova cultura della strada», che coinvolge tutti i cittadini i quali, lungi dalle divisioni sociali, quotidianamente diventano «utenti» (pedoni, ciclisti, motociclisti, automobilisti, passeggeri), per avere veramente un ruolo incisivo, deve essere affrontata in termini di «sistema», adottando soluzioni chiare e intellegibili.


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Fabio Piccioni

Avvocato del Foro di Firenze
avv.fpiccioni@gmail.comwww.avvocatieavvocati.it

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