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Costa Concordia (foto Firenze Post)

Assalto alla Concordia

Costa Concordia (foto Firenze Post)
La Costa Concordia davanti all’Isola del Giglio (foto Firenze Post)

Ricordate la telefonata fra i due affaristi che ridevano, e si fregavano le mani, mentre le scosse di terremoto continuavano a distruggere L’Aquila? Ecco, l’assalto alla carcassa della Concordia da rottamare, portato da una dozzina di porti e da un corollario di nazioni che vanno dalla Turchia alla Cina, passando per Norvegia, Francia e Gran Bretagna, fa tornare in mente quella, volutamente edificabile ma moralmente assai poco edificante conversazione. Cioè diventa lampante la voglia di business da parte di chi non ha avuto nessun danno dalla tragedia – 32 morti, Arcipelago toscano in ginocchio, isola del Giglio in primis – e pensa invece di trarne un profitto da svariate centinaia di milioni. Mentre è chiarissimo che la soluzione meno impattante dal punto di vista ambientale, e ragionevole anche per dare una sorta di ristoro a una Toscana che si è dovuta far carico di tutto, sarebbe la scelta di demolire la Concordia a Piombino.

ACCANIMENTOIl 13 gennaio saranno due anni esatti dal naufragio. E francamente sconcerta l’accanimento che anche governanti e amministratori, italiani e stranieri, stanno manifestando. Leoluca Orlando, sindaco di Palermo e persona generalmente di buon senso, sorprende quando rivendica la necessità di trascinare la Concordia in Sicilia, attraverso un lungo funerale marittimo, col fatto che un accordo con Fincantieri assicura al porto palermitano più lavoro e commesse. Dove sta scritto che è Fincantieri a scegliere destinazioni e rottamazioni? E a proposito di rottamazioni e «Rottamatori», fece cadere le braccia al vostro direttore-cronista il toscano Federico Gelli, ex vicepresidente della Regione e ora fedelissimo parlamentare di Matteo Renzi, quando disse che la migliore soluzione per la Concordia sarebbe stata Civitavecchia. Un porto dove troverebbe subito anche la contrarietà delle stesse compagnie marittime, che vorrebbero evitare ai crocieristi che s’imbarcano il tristissimo spettacolo della demolizione di una delle più grandi navi da vacanza.

L’ALTRO ORLANDO – Ma, se permettete, lasciano di stucco anche le affermazioni del ministro dell’ambiente, l’altro Orlando (Andrea) il quale afferma «che sarebbe bene far compiere un tragitto breve alla Concordia» ma poi si rimette quasi totalmente alla volontà della compagnia proprietaria, la statunitense Carnival, che farà conoscere la scelta entro marzo. Ma al ministro Orlando non viene in mente che l’Italia – paese nel quale si è consumata la tragedia e che si è dovuto far carico del danno mediatico dovuto a un naufragio che nell’immaginario collettivo è stato paragonato a quello del Titanic – ha tutto il diritto di dettare condizioni e farsi ascoltare? Oppure – e ci dispiacerebbe per il premier Enrico Letta – il nostro Paese è destinato a chinare il capo di fronte a ogni interlocutore internazionale? Non vogliamo tirare in ballo l’odissea dei Marò prigionieri in India, che è tutt’altra storia, ma almeno in una vicenda come questa, nella quale non è scandaloso pretendere risarcimenti a tutto tondo, è ragionevole far valere i diritti della gente dell’Arcipelago Toscano, che ha vissuto il dramma sulla propria pelle.

INCOGNITA – L’incognita? È quella se il porto di Piombino, anche attraverso i 100 milioni già stanziati dallo Stato, riuscirà ad ampliare il suo fondale e ad attrezzarsi in tempo per accogliere la Concordia, nel prossimo giugno. Mancano meno di sei mesi, centottanta giorni. Enrico Rossi, il governatore della Toscana, continua a rivendicare giustamente i diritti della regione. Ma ora dovrebbe fare qualcosa di più: organizzare un vertice a Firenze con il sindaco di Piombino, Gianni Anselmi, i sindacati e tutti coloro che sono impegnati nei lavori per stabilire un cronoprogramma, con tempi da rispettare rigidamente. Altrimenti c’è il rischio che i porti concorrenti abbiano qualche ragione nel porre, fregandosi le mani, le loro interessatissime candidature.


Sandro Bennucci

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