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Fiction Anni spezzati: «Il Giudice», Mario Sossi

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Il giudice Mario Sossi e l’attore Alessandro Preziosi

Dopo le due puntate de «Il Commissario» della Fiction «Anni spezzati», dedicate a Luigi Calabresi, va in onda il secondo capitolo, «Il Giudice» ovvero Mario Sossi, rapito dalle Brigate Rosse il 18 aprile 1974. La storia in breve: è il giorno della requisitoria del Pm al processo della Brigata XXII Ottobre, una formazione dell’ultra sinistra genovese legata ai GAP di Feltrinelli. Mario Sossi, il giudice che ha condotto le indagini e sostenuto la pubblica accusa, chiede e ottiene il massimo della pena per gli imputati. Ma la sinistra extraparlamentare vede nell’operato del magistrato un accanimento eccessivo contro la classe operaia.

SOSSI – I giornali, che avevano soprannominato Sossi il «Dottor Manette», parlarono di violazione del diritto di difesa degli imputati nel corso dell’iter giudiziario. Contro lo scrupolo e la dura serietà del giudice si scatenò un’intensa campagna di aggressione condotta a colpi di slogan, scritte sui muri e lettere minatorie. Il clima di aggressione mise in allerta la moglie Grazia, i più stretti collaboratori del giudice ma anche il Procuratore Generale e suo amico, Francesco Coco. Sossi però andò avanti per la sua strada e decise di non modificare le proprie abitudini. Non sapeva che Franceschini, Curcio e la Cagol, i tre fondatori del nuovo gruppo terroristico Brigate Rosse, stavano organizzando il suo sequestro, che ebbe luogo il 18 aprile del 1974. Una volta che l’ostaggio fu nelle mani dei terroristi, questi posero come condizione per il rilascio la scarcerazione di otto condannati, tra i quali quattro ergastolani, del Gruppo XXII Ottobre, una formazione dell’ultrasinistra. Nella fase più drammatica e concitata le Br posero un ultimatum di 48 ore, dopodiché il giudice Mario Sossi sarebbe stato giustiziato da Alberto Franceschini, come lo stesso terrorista preannunciò al magistrato. Sossi sapeva bene che quanto richiesto dai terroristi non avrebbe potuto essere accolto. L’atteggiamento del governo infatti restò fermo mentre una parte della magistratura genovese premeva per provvedere autonomamente alla scarcerazione dei detenuti del XXII Ottobre.

RAPIMENTO – In un simile quadro d’incertezza la posizione dell’integerrimo Procuratore Francesco Coco si frappose alle richieste dei brigatisti e quando, il 20 maggio, la Corte d’Assise d’Appello dispose il rilascio dei carcerati come imposto dalle Br, il Procuratore presentò un ricorso che bloccò la procedura e negò ai brigatisti la riuscita del loro cinico ricatto. Il rapimento di Mario Sossi costituì uno dei primi salti di qualità nell’azione di lotta delle Brigate Rosse, mostrando all’opinione pubblica italiana che ormai erano in grado di compiere azioni ben più complesse, rispetto a quelle mordi e fuggi per le quali erano ormai note, come quella di rapire un magistrato, tenerlo impunemente in prigionia per più di un mese e negoziarne la sua liberazione con lo Stato italiano. Sossi venne liberato a Milano il 22 maggio 1974.

PROCURATORE COCO – A liberazione avvenuta il procuratore generale della Repubblica di Genova, Francesco Coco, fu assassinato l’8 giugno 1976, insieme a due uomini della scorta. Coco pagò con la vita la sua ferrea volontà di non trattare con i terroristi. Venne assassinato da un commando di brigatisti armati vicino alla sua abitazione a pochi passi dalla stazione di Genova Piazza Principe. Gli esecutori materiali dell’attentato non sono mai stati identificati, ma l’assassinio fu rivendicato dai comandanti Prospero Gallinari e Renato Curcio. Il giorno successivo Gallinari, imputato a Torino per il processo al nucleo storico delle Brigate Rosse, tentò beffardamente di leggere addirittura la rivendicazione dell’omicidio. Coco è stato il primo magistrato a essere ucciso dalle Brigate Rosse. Su questo tema il figlio del magistrato, Massimo Coco, ha scritto un bel libro «Ricordare stanca», ed. Sperling & Kupfer 2012, nel quale narra i suoi ricordi e dichiara che non riuscirà mai a perdonare gli assassini di suo padre. E, riferendosi ad altri parenti di vittime degli anni di piombo che invece hanno fatto professione di perdonismo nei confronti dei brigatisti e ne hanno poi tratto vantaggio, afferma con amarezza: «Da vittime sono stati promossi a viptime. Non sono come loro e non lo sarò mai. Tutto si fonda sul fattore P (pianto+perdono = poltrone+paradiso+parlamento)». Traduzione: prima si piange e si sospira, poi si percorre la via del dialogo con gli assassini, si pubblicizza il fatto e ci si schiera; così siamo sulla rampa di lancio per qualche poltrona eccellente.

Il giudice Sossi è in pensione dal luglio 2006, è stato eletto coordinatore di Azione Sociale nel 2008 ed è stato candidato al Consiglio comunale di Genova. Infine, alle elezioni europee del 2009, si è candidato nel collegio di Nord Ovest tra le liste di Forza Nuova ma non è stato eletto.

CLIMA ANNI DI PIOMBO – Nello sceneggiato viene tratteggiato ancora una volta il clima di quegli anni. Emerge chiaramente il dibattito, che nacque allora, sulla posizione da tenere nei confronti dei brigatisti. Sono ben descritti anche il dialogo che s’instaura fra sequestrato e sequestratori, l’ansia della famiglia, la tentazione di una parte della magistratura di cedere, la solitudine di Francesco Coco. La linea dura scelta dal Governo e da Coco fu confermata qualche anno dopo, quando si trattò di decidere sulla sorte di un altro ostaggio. Questa volta era un politico – le Br avevano alzato il tiro mirando al cuore dello Stato Aldo Moro, presidente della D.C., il partito che guidava il governo di allora. A seguito del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro il Ministro dell’Interno Francesco Cossiga si dimise. Il generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa fu incaricato, con decreto dell’allora Presidente del Consiglio dei ministri Giulio Andreotti, di coordinare la lotta contro il terrorismo e ottenne straordinari successi. E la stagione del terrore si avviò verso la conclusione.


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Paolo Padoin

Già Prefetto di FirenzeMail

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