Riforme, Renzi alla fine convince il Pd
ROMA – «Se la politica continua a discutere e basta diventa il bar dello sport». Con quest’affermazione Renzi si è rivolto ai membri della Direzione Nazionale del Pd, presentando le sue proposte sulle riforme. Quanto alle polemiche suscitate dal suo incontro di sabato 18 con Berlusconi Renzi ha ringraziato il Cavaliere per essersi recato nella sede del Pd, e ha poi affermato che bisogna prendere atto con realismo che Berlusconi è votato da oltre un quarto degli italiani. È il leader del centro destra – ha sostenuto- e quindi, volenti o nolenti, quando si devono affrontare temi d’interesse generale è opportuno confrontarsi anche con lui.
La Direzione Nazionale del Pd però non ha assunto una posizione unitaria sulla proposta di riforme presentata dal segretario Matteo Renzi, che spaziava dalla riforma elettorale, a quella del titolo V della Costituzione, al superamento del bicameralismo perfetto. Nel corso della discussione forti perplessità sono state espresse da Cuperlo e dalla minoranza bersaniana. Una conclusione di questo tipo, che spacca il partito, pone fondati dubbi sulla possibilità che la proposta, così com’è, possa essere rapidamente presentata e approvata dalle Camere.
«Cuperlo lasci la presidenza del Pd. Il livore e l’astio che hanno caratterizzato il suo intervento contro il segretario Matteo Renzi rendono evidente che non è in grado di garantire la terzietà richiesta da un ruolo di garanzia, come quello che ricopre» ha dichiarato la senatrice fiorentina Rosa Maria Di Giorgi, membro della Direzione nazionale del Pd.
Ma vediamo in sintesi in cosa consistono i tre punti essenziali.
ELEZIONI – Il doppio turno contro le larghe intese. È questa in sintesi la proposta approvata, che aveva già ricevuto l’avallo di Silvio Berlusconi. Questo modello, che potrebbe definirsi «Italicum», prevede inoltre una ripartizione nazionale e non su circoscrizioni. La novità principale è l’introduzione di un ballottaggio tra le due coalizioni che hanno ottenuto più voti. Se nessun partito o coalizione raggiunge in prima battuta la soglia del 35%, i due schieramenti che hanno ottenuto la percentuale più alta vanno al ballottaggio. Il premio non sarà del 15% secco ma sarà graduato in modo da permettere che il vincitore raggiunga sempre una maggioranza di almeno il 53% che garantisca la governabilità (non dunque un 50% risicato che arriverebbe dalla formula 35+15) . Nel caso in cui nessuna delle due coalizioni raggiunga la soglia citata, si tornerà a votare quindici giorni dopo proprio per assegnare il bonus che consente di ottenere una maggioranza certa alla Camera. Sono previste mini liste bloccate di sei candidati per circoscrizione e gli sbarramenti: al 5% per i partiti in coalizione e quello dell’8% per le forze che si presentano da sole. Con la «clausola» del ballottaggio si punta a evitare quello che è accaduto a febbraio scorso, ossia il ripetersi dell’obbligo di ricorrere alle larghe intese. Un anno fa – con questo sistema – Bersani e Berlusconi si sarebbero sfidati in un secondo turno di coalizione per assegnare i seggi mancanti al raggiungimento della maggioranza.
TITOLO V COSTITUZIONE – Si cambia il titolo V della Costituzione, superando non solo le Province ma semplificando anche il ruolo delle Regioni e restituendo alcuni poteri fondamentali allo Stato, quali le decisioni sulla produzione e la distribuzione nazionale di energia, l’ordinamento delle professioni, ma anche le grandi opere di interesse nazionale. In più si riducono le indennità dei consiglieri regionali a una misura pari a quella del sindaco del Capoluogo e si cancellano i rimborsi scandalo ai gruppi.
ABOLIZIONE SENATO – Una volta approvata la legge elettorale e varata la riforma non ci sarà più l’elezione del Seanato della repubblica, che si trasformerà in camera delle Autonomie, formata da rappresentanti eletti (sindaci, presidenti regioni..) senza diritto a indennità.
Tutto questo complesso d’interventi produce un miliardo di euro di risparmio.