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Toscana controcorrente: sì del Pd alle preferenze

Enrico Rossi
Il governatore Enrico Rossi al seggio elettorale

FIRENZE – «Va tutto bene, ma almeno in Toscana vorrei ripristinare le preferenze» avrebbe detto Enrico Rossi durante il faccia a faccia di alcune settimane fa con Matteo Renzi, durante il quale il sindaco-segretario del Pd promise la ricandidatura al governatore, senza primarie, nel 2015. E non c’è quindi da stupirsi se, contrariamente all’Italicum nazionale, nella proposta di legge elettorale per la Toscana il Pd sostenga la necessità di rimettere le preferenze, abolite dall’inciucione regionale Ds-Forza Italia del 2004.

Il problema? Che Forza Italia, fino a qualche mese fa possibilista, ha chiesto il rinvio della seduta in commissione per prendere tempo. Il rinvio? Guarda caso al 29 gennaio, lo stesso giorno in cui l’Italicum, con tutte le novità concordate fra Renzi Berlusconi, andrà in discussione alla Camera. L’obiettivo forzista? Intuibile: che il dibattito romano finisca per influenzare ­la scelta del Consiglio regionale. Dove i piccoli gruppi sono insorti. Giuseppe Del Carlo, numero uno dell’Udc, è stato tranciante: “Senza le preferenze non andiamo da nessuna parte. La Corte Costituzionale ha bocciato il Porcellum proprio perché non prevede va la possibilità di scegliere da parte dei cittadini”. All’attacco anche Alberto Magnolfi, capogruppo del Nuovo centrodestra (uscito da Forza Italia dopo lo strappo di Alfano) e Gian Luc a Lazzeri, ex Lega e ora aderente al Nuovo centrodestra con il suo capogruppo, Antonio Gambetta Vianna.

Come finirà? E’ possibile che Renzi, in Toscana, dia via libera alle aspettative di Rossi, con il quale ha sicuramente siglato una sorta di patto di non belligeranza. Vuol dire che il presidente della Regione, prima filo bersaniano eppoi sostenitore di Cuperlo, non disturberà il Rottamaore a livello nazionale in cambio di una ragionevole autonomia in Toscana. Così la legge elettorale che sta prendendo piede nell’Aula di Palazzo Panciatichi non cambierà molto rispetto alla bozza fatta circolare, già da un paio di mesi, dal capogruppo del Pd, Marco Ruggeri (da ieri possibile candidato sindaco di Livorno). Che prevede:

1) Elezione diretta del presidente con eventuale doppio turno. Se nessun candidato ottiene il 40% si procede al ballottaggio.

2) Premio di maggioranza: 60% ovvero 24 consiglieri su 40

3) Abolizione del listino regionale ( ma anche su questo punto Forza Italia punta i piedi e vorrebbe il mantenimento del listino).

4) Divisione di Firenze in circoscrizioni, in modo da evitare che il capoluogo ottenga un numeo di eletti assai superiore a quelli delle altre province.

5) Sbarramento al 4% per i partiti singoli e per le coalizioni. Ma qui potrebbe esserci una correzione: sbarramento al 3% per i partiti che entrano in coalizione.

Si vorrebbero istituire 13/14 circoscrizioni in tutta la Toscana. In ogni circoscrizione ci sarebbero più candidati per ogni lista e passerebbero quelli candidati con il maggior numero di preferenze avendo definito i seggi spettanti a livello di singola circoscrizione in maniera proporzionale, salvo gli effetti del premio di maggioranza. Si parla di due voti di preferenza espressi a candidati di sesso diverso, sul modello delle elezioni amministrative.

Morale? Il tempo stringe. E il Pd, che tanto ha tuonato contro il Porcellum (dimenticando che i Ds furono protagonisti dell’inciucione del 2004), stavolta potrebbe stringere sulle preferenze, potendo contare su una consistente maggioranza trasversale.


Sandro Bennucci

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