Roma non frena gli sprechi siciliani
In Sicilia sono da tempo complicati i rapporti fra i governatori che si sono succeduti alla presidenza della regione e il commissario dello Stato, Carmelo Aronica, che dal 2010, anno del suo insediamento, cerca di far rispettare le regole anche in quell’isola. Adesso lo scontro è arrivato al culmine perché il commissario ha impugnato due disposizioni della finanziaria regionale, con la conseguenza che i 570 milioni cassati bloccano il pagamento dello stipendio a 20 mila impiegati regionali e a una platea di 40 mila dipendenti degli enti collegati. Il secondo rilievo riguarda i residui attivi (15 miliardi iscritti in bilancio fra le entrate ma che per almeno 3 miliardi sono inesigibili). La loro cancellazione, resa obbligatoria dalla Corte Costituzionale e dalla Corte dei Conti, creerà un buco rilevante.
CROCETTA – A questo punto lo stato maggiore della regione Sicilia vola a Roma e incontra i ministri dell’Economia e degli Affari regionali Fabrizio Saccomanni e Graziano Delrio, il vicepremier Alfano, il ministro per la Funzione pubblica Gianpiero D’Alia e il sottosegretario alla presidenza Patroni Griffi. Dall’altra parte del tavolo Crocetta con gli assessori all’economia Luca Bianchi e alla formazione Nelli Scilabra. Il quadro politico è completato dal renziano Davide Faraone e da Renato Schifani (leader del Nuovo Centrodestra). Pare che la delegazione siciliana abbia avuto assicurazione che la spesa prevista in finanziaria fosse sostenibile, non avrebbe intaccato gli equilibri di bilancio. Inoltre Roma assicura che una norma nazionale regolerà per tutte le regioni l’obbligo di accantonare le risorse necessarie per coprire il buco nato dai residui attivi. Ma se il commissario, sulla base delle garanzie ricevute da Roma, non muta la sua posizione diventa impossibile nell’immediato recuperare la finanziaria o riapprovarla.
SICILIA – Il fatto è che la regione Sicilia, con qualsiasi governo regionale, non riesce a trovare un suo equilibrio. Ogni anno aumentano spese e i presidenti che promettono il risanamento chiedono poi aiuto al governo centrale. Da Cuffaro a Crocetta la musica non cambia. Già nel giugno 1990 il procuratore generale della Corte dei conti in Sicilia, Giuseppe Petrocelli, nella requisitoria per il giudizio di parificazione del rendiconto della regione aveva sostenuto che nell’isola «c’è un concentrato di malgoverno nel quale emerge l’esplosione delle spese a scopo clientelare o demagogico». Ce l’aveva con le «regalie di ogni tipo destinate pressoché esclusivamente a essere utilizzate come meccanismo di formazione e perpetuazione del consenso». La constatazione risale dunque a quasi un quarto di secolo fa. Da allora non c’è presidente della regione che non abbia giurato di risanare i conti, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
NODI AL PETTINE – In un contesto come questo tutti erano coscienti che un giorno o l’altro i nodi sarebbero venuti al pettine. Che non era possibile avere oltre 1.000 dirigenti in più , in rapporto ai dipendenti, rispetto alla media del resto d’Italia. Che le frodi comunitarie avevano creato in Europa profonde diffidenze nei confronti dell’isola. Che non poteva durare in eterno il giochetto di assumere migliaia di persone senza concorso, perché tanto erano «precari», per poi procedere alla loro stabilizzazione.
Il governatore sostiene, in parte a ragione, che «un andazzo così non si può invertire da un giorno all’altro» e che «ci vuole del tempo perché un malato possa guarire e lo ammazzi se pretendi che sia sano tutto di colpo». Però è anche vero che, se non si comincia mai la cura, il malato muore. Il commissario è un uomo tutto d’un pezzo e sembra deciso a andare avanti. Basta tolleranze. Ci voleva alla fine qualcuno che decidesse di tagliare con l’ascia gli sprechi. Ho lavorato per decenni con Carmelo Aronica alla prefettura di Firenze, e se ben lo conosco non defletterà un centimetro dalla sua posizione di tutela della legalità. A meno che non lo costringano, cambiando in corsa le regole. Noi stiamo dalla parte del commissario, avanti così, l’Italia ha un gran bisogno di funzionari come lui, che sono purtroppo una razza in via d’estinzione.