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Il carcere di Solliccianino a Firenze

«Sono in prigione per la prima volta»

Il laboratorio «Liberincarta» nel carcere Mario Gozzini
Il laboratorio «Liberincarta» nel carcere Mario Gozzini

FIRENZE – Sono stato arrestato il 14 febbraio 2013, un giorno e una data indimenticabili in tutti sensi. Sono in prigione per la prima volta. Da incensurato. Purtroppo, ora, sono etichettato come un delinquente, soprattutto agli occhi delle persone che non mi conoscono.

Ho 45 anni, faccio parte del laboratorio «Liberincarta» e nella circostanza che attualmente mi circonda posso ritenermi fortunato. Per modo di dire. La maggior parte delle altre persone detenute che mi circondano non superano i 40 anni di età, mi vedono quasi tutti come una figura paterna, mi rispettano e hanno nei miei confronti un’educazione che sembra quasi irreale considerato come funziona la vita qui all’interno.

LA MIA FAMIGLIA – Quasi tutti cercano in me una forma di affetto e consigli, molto probabilmente, a seguito del vuoto che hanno in questo senso. Prima di arrivare in questo istituto, il «Mario Gozzini», ero in quello di Sollicciano. Quando mi trovavo lì, stando chiuso in cella per 20 ore al giorno, in tre persone e con la disposizione solo 17 metri quadri di spazio, vincevo in me la rabbia, l’ansia, il magone mentre i miei pensieri, accompagnati da lunghi e dolorosi pianti, erano sempre fuori, accanto a mia moglie e ai miei figli. Soffocavo nei miei lunghi silenzi, sperando che il mio cuore, dopo tanta sofferenza, resistesse. La paura e mi assaliva: quando potrò ritornare a casa? Tra loro, la mia amabile famiglia.

IL VALORE DELLA LIBERTÀ – Sono in carcere da un anno. Qui , in questo Istituto, da circa cinque mesi e non mi sembra ancora vero. A confronto di come mi trovavo nel carcere di Sollicciano, mi sento quasi libero, per certi versi. Prima avevo perso i miei valori, non davo più senso alla vita, le mie ambizioni erano svanite insieme alla stima di me stesso. Lì, in quel posto, tutto era inutile, improduttivo, senza senso.Pensare che quando ero un uomo libero ero affabile, un gran lavoratore, instancabile.

LA GIORNATA IN CARCERE – Qui al Mario Gozzini i giochi si sono riaperti: persone che camminano per i corridoi da sole, senza agenti che li accompagnino, tante stanze dove si fanno attività, celle spaziose e a dimensione umana. Non posso ancora crederci: attività come la palestra, libreria, computer.

LABORATORIO – Quando arrivai fu incuriosito da una stanza dove al suo interno si trovavano sette/otto persone: lavoravano con molta passione. Si trattava del laboratorio di cartapesta «Liberincarta». Mi presentai a queste persone, cercando anche di capire l’attività. Quando mi dissero che se volevo potevo partecipare al gruppo ed eseguire anch’io ho dei lavori, mi si aprì il cuore. Vidi che si eseguivano lavori come soli, lune, maschere e molto altro ancora. La manualità era proprio quello che mi mancava, come anche la creatività, la possibilità di esprimermi in qualche modo. Da quel momento in poi entrai a far parte di questo gruppo.

DIMENSIONE UMANA – Tutti i giorni, ormai da qualche mese, condivido con loro tutti i momenti della giornata, progettando, confrontandomi attraverso lo scambio che ha una dimensione umana. All’interno del gruppo ho la possibilità di parlare di tutto: dei problemi che mi logorano, della famiglia, delle speranze, senza più sentire l’inumano peso e la disperazione del carcere senza senso in cui mi trovavo fino a pochi mesi fa.

Vito N.
Persona detenuta all’ Istituto penitenziario «Mario Gozzini» di Firenze

Vignetta disegnata da persone detenute al "Gozzini" di Firenze
Vignetta disegnata da persone detenute al “Gozzini” di Firenze

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