Arno, chi comanda? La diga che fa tremare la Toscana
Un pezzetto di Mugello finisce sotto la furia della Sieve; a Firenze, nella notte, l’Arno raggiunge i 4 metri e 32 all’idrometro degli Uffizi, altezza da brivido, non più raggiunta da oltre vent’anni; un’onda di piena da oltre 2.200 metri cubi al secondo fa tremare Pisa, mentre lo Scolmatore di Pontedera, che dovrebbe fare scudo alla città, deviando un po’ di arnifera furia verso il Calambrone, scolma poco perchè pieno di tutto.
Ecco la sintesi di un’altra giornata da batticuore, vissuta da due terzi della Toscana fra allagamenti, fughe dalle case, corse alle spallette. Di nuovo la grande fifa? Chi guarda da fuori e non ha nemmeno sentito raccontare dal vivo che cosa successe nel 1966 può anche chiamarla così. Ma è dal 1177 che ogni generazione di fiorentini e toscani finisce aggredita dall’acqua. Non a caso, un’altra alluvione dell’Arno è considerata la seconda calamità nazionale dopo l’ eruzione del Vesuvio. Da qui la paura, la tensione, la preoccupazione che si diffonde di casa in casa e di bocca in bocca.
Ma stavolta, dietro l’onda di piena che fa tremare il Casentino, il Valdarno, Firenze, Empoli e Pisa, c’è qualcosa di più rispetto alla pioggia caduta sul Pratomagno, unica montagna dalla quale l’Arno prende acqua. Che cosa? Forse un’apertura anomala della diga di Bilancino, sulla Sieve, agguerritissimo affluente dell’Arno.«Arno non cresce se Sieve non mesce…», si è sempre detto. Dopo un inverno molto bagnato, la diga è piena.
Lunedì 10 l’hanno aperta dalla mattina alla sera. Una massa d’acqua si è abbattuta sulla Sieve, già gonfia, allagando un po’ di Mugello e arrivando rombante fino a Pontassieve, facendo salire anche l’Arno. Domanda: perché la diga non era stata aperta prima degli ultimi temporali?
La decisione è stata presa dalla Provincia di Firenze, che ha ordinato a Publiacqua, il gestore, di alzare le paratìe. A quanto pare senza dire nulla a nessuno. Gaia Checcucci, segretario dell’Autorità di bacino dell’Arno, è insorta. Giovanni Bettarini, sindaco di Borgo San Lorenzo, si chiede se la Sieve non sia andata di fuori, a Sagginale, per via delle manovre a Bilancino.
L ’Arno ha tanti padroni. Scorre solo in Toscana, ma bagna tre province: Arezzo, Firenze e Pisa, ognuna con forti poteri sul proprio pezzetto di territorio. E tanti sono gli enti che possono interferire. Quando si devono mettere insieme tutti insieme serve un tavolone da palazzo medievale. Intorno al quale, di solito, tutti parlano e nessuno decide. E allora, visto che a 48 anni dalla grande alluvione Firenze e la Toscana sono sempre ad altissimo rischio, troviamo almeno il modo di dare i poteri a un solo soggetto in caso d’emergenza. Per esempio, facciamo dell’Arno un caso pilota di riforma del Titolo Quinto della Costituzione: affidando il comando alla Regione, alla Protezione civile o… al Santo Patrono. Ma basta con i tavoloni, basta con chi comanda un pezzettino e magari danneggia gli altri, basta scaricabarile. E magari basta con le Province: che perdono peso politico, ma conservano poteri da stato napoleonico.