Noi, detenuti in attesa di rieducazione
Sugli ultimi interventi riguardanti le carceri italiane, si sono sollevate purtroppo numerose polemiche, spesso del tutto fuori luogo. Si è puntato più alla spettacolarizzazione che alla ricerca della verità. È stato messo tutto in un frullatore, senza distinzioni e criterio.
Nel recente decreto legge in materia di carcere, ci sono però almeno due punti importanti e che rappresentano l’unica strada percorribile per fronteggiare l’emergenza carceraria. Un’alternativa ad un eventuale e necessario indulto.
BENEFICI – Il primo riguarda l’aumento del tetto di residuo pena, per poter accedere alla misura alternativa prevista dall’affidamento in prova ai servizi sociali. Non più di 3 anni ma bensì di 4. Il secondo riguarda la «liberazione anticipata», cioè una detrazione di pena per ogni singolo semestre scontato. Da 45 giorni si è passati a 75 di riduzione. In tutti e due i casi si tratta di benefici che possono essere concessi dal magistrato di sorveglianza, dopo un’attenta valutazione, un filtro da parte dell’équipe tratta mentale interna al carcere, qualora sussistano tutte le condizioni necessarie.
MIRAGGIO – Non è facile accedere ad un beneficio come quello previsto dall’affidamento in prova ai servizi sociali. Per la maggior parte delle persone detenute (disperate) che attualmente popolano le prigioni, è letteralmente un miraggio irraggiungibile, niente di più. Basti pensare che è necessario avere un lavoro accreditato, fare un percorso di revisione critica d’un certo tipo, offrire un sacco di garanzie e molto altro ancora.
REQUISITI – Anche la liberazione anticipata non è un beneficio che viene concesso così, senza alcun criterio. Non basta che la persona detenuta mantenga un comportamento corretto, non litighi con gli altri compagni o con il personale dell’amministrazione penitenziaria: è necessario che si partecipi concretamente all’opera tratta mentale, rieducativa. Inoltre, il beneficio, può essere concesso ma nello stesso tempo anche revocato dalla magistratura di sorveglianza.
RIEDUCAZIONE – In realtà, non si è fatto altro che equiparare, finalmente, queste misure alternative con quelle che si adottano nella stragrande maggioranza dei paesi europei più evoluti e civili, come ad esempio Svezia e Olanda. Cioè quei paesi che hanno da tempo capito che per rieducare una persona che finisce in carcere occorrono strumenti efficaci e necessari, sui quali è possibile fare leva. Senza, peraltro, mai dimenticare che restituire alla società libera una persona cambiata positivamente rappresenta senza dubbio un bene, un dovere istituzionale imprescindibile, una necessità per tutta la collettività.
CIVILTÀ – Un carcere che imbruttisce la persona non ha alcun senso e si traduce in pura vendetta sociale. Il tentativo di umanizzare le pene non è un male della società, al contrario, rappresenta la misura, il metro, della civiltà di un popolo, d’un paese. Non a caso, in Svezia, grazie proprio al perfezionamento dei programmi rieducativi, all’umanizzazione del carcere, delle pene, attualmente molte prigioni si stanno chiudendo, perché le persone non ritornano più a delinquere, questo è un dato di fatto concreto.
8 CENTESIMI – L’affidamento in prova ai servizi sociali, la semilibertà, la liberazione anticipata, come tutti gli altri benefici, rappresentano, sostanzialmente, degli interventi efficaci, insostituibili, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto pedagogico. È scorretto pensare a tutto ciò come ad una porta girevole: non è così nella realtà, nella pratica. La vera preoccupazione, invece, dovrebbe essere quella dei 0,08 centesimi al giorno che lo Stato investe per la rieducazione di ogni singola persona detenuta, a fronte di un costo complessivo giornaliero di centocinquanta euro circa.
Sandro F.
Persona detenuta presso la Casa Circondariale Mario Gozzini di Firenze
LA VIGNETTA DI MERCOLEDÌ
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