Ora Firenze e la Toscana tirino per la giacca Renzi & c.
Nella veste di capo del governo, un secolo e mezzo fa, Bettino Ricasoli fece ridisegnare (bene o male, gli urbanisti sono ancora divisi…) Firenze dal grande Poggi. Mentre Giovanni Spadolini, arrivato a Palazzo Chigi a metà degli anni Ottanta, riuscì a fare comunque un bel regalo a questa città e alla Toscana promuovendo la nascita del ministero dei beni culturali.
Ecco, la scommessa attuale è capire che cosa riuscirà a combinare, concretamente per Firenze, Matteo Renzi che si vanta di essere andato a Roma con la capacità del fare che distingue un sindaco. Non basta. Nella sua squadra di governo ci sono due ministri toscani (Maria Elena Boschi e Stefania Giannini) e, ora, tre viceministri (Riccardo Nencini, Lapo Pistelli, Antonello Giacomelli) e cinque sottosegretari (Luca Lotti, Cosimo Ferri, Domenico Manzione, Gabriele Toccafondi, Silvia Velo). Una squadra variegata, capace di rappresentare ampiamente il territorio, composta com’è da politici di centrosinistra ma anche di centrodestra. Peccato sia stato escluso Eugenio Giani, un vero politico del fare. Erasmo D’Angelis, altro attivissimo, è finito in segreteria. Segnali non buoni.
Vi chiederete: e allora? La lunga premessa, farcita di nomi e cognomi, entrati o bocciati, serve per arrivare a una conclusione molto semplice: per colpa della crisi, e non solo, Firenze e la Toscana stanno attraversando uno dei peggiori periodi della loro lunga e gloriosa storia. L’occasione di avere un governo guidato da un giovane che fa della fiorentinità una bandiera, e tanti suoi collaboratori stretti che parlano con accento toscano, è di quelle da non perdere. Obietterete: ma loro sono lì per garantire benessere al popolo italiano non solo a una fetta di Bel Paese. Vero. Ma è altrettanto vero che le questioni da tanto tempo aperte in questo territorio le conoscono bene. E sono prioritarie anche nella scala degli interessi nazionali. Un esempio per tutti? L’Arno, secondo la protezione civile, costituisce la seconda possibile e devastante calamità naturale dopo il Vesuvio. Fra due anni celebreremo il cinquantesimo anniversario dell’ultima alluvione. E l’emergenza continua. Ogni generazione di fiorentini, dal 1177 in poi, è finita rovinosamente sott’acqua. Quando si decideranno amministratori e governanti a mettere Firenze e Pisa, altra città vetrina, al riparo dalle mattane del fiume?
Possiamo aggiungere che per spingere l’economia occorre finalmente realizzare opere pubbliche ferme da decenni. Riccardo Nencini, quando è stato presidente del Consiglio regionale, riuscì a inventarsi la festa della Toscana. Ora che è viceministro alle infrastrutture gli basterebbe fare molto meno: aprire o riaprire i cantieri. L’elenco è lungo: va dal completamento della variante di valico dell’A/1 all’Alta velocità. Senza dimenticare la pista di Peretola. Ma lì, come abbiamo scritto nelle ultime ore, saprà fare la sua parte un signore argentino, Eduardo Eurnekian, che gestisce già 51 aeroporti in tutto il mondo. Certo, non sarebbe bello se un magnate straniero ottenesse risultati entusiamanti, mentre la schiera di politici toscani al governo segnasse clamorosamente il passo. Anche perché Matteo Renzi farebbe la fine di altri capi di governo fiorentini che, diversamente da Bettino Ricasoli e Giovanni Spadolini, non hanno lasciato vistosi segni, in città, del loro passaggio da Palazzo Chigi.