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Il Pd, Nardella e l’incubo di primarie semideserte

Domenica 23 marzo, a Firenze, il voto per le primarie del Pd
Domenica 23 marzo, a Firenze, il voto per le primarie del Pd

Si affanna, Dario Nardella, vicesindaco reggente, a tagliar nastri e a presentare piani per trasferire la movida lontano, alle Cascine, per garantire tranquille notti d’estate al centro storico. Va anche a vedere nuovi supermercati, studia nuove soluzioni di viabilità, prende impegni per il nuovo stadio. Dicono stia renzeggiando. Cioè imitando il suo punto di riferimento, Matteo, il premier, che l’ha indicato come erede più che come successore. Il motivo di un fervore così evidente da sfiorare l’accanimento è chiaro: vincere bene le primarie del Pd di domenica prossima, 23 marzo, contro Jacopo Ghelli e Alessandro Lo Presti, che assomigliano più a sparring partners che a veri combattenti con possibilità di togliergli la leadership. Ma vincere bene non significa solo stravincere. Vuol dire dare a queste primarie, assai improvvisate e depotenziate (altra storia sarebbe stata se, per esempio fosse sceso in campo Eugenio Giani, ora ammutolito e praticamente scomparso dalla scena politica fiorentina), una parvenza di serio viatico per la candidatura a sindaco. Come? Portando alle urne un numero sufficiente di sostenitori e iscritti.

RENZI – Il rischio? Che Nardella vinca con un numero risibile di votanti. Matteo Renzi, nel 2009, vinse primarie vere (battendo concorrenti come Lapo Pistelli, Michele Ventura e Daniela Lastri) portando al voto 41 mila fiorentini simpatizzanti per il Pd. Un primato mai più imitato nelle primarie successive. Quando si sfidarono Bersani e Renzi, nella prima corsa di Matteo per la segreteria nazionale del partito, i votanti furono 37 mila. Ma la partecipazione crollò a picco nel dicembre 2012, quando si trattò di scegliere i candidati per Camera e Senato. Le cosiddette parlamentarie registrarono, a Firenze, un flop clamoroso: 15 mila votanti. Nardella, sfidato da Ghelli e Lo Presti, teme di non raggiungere nemmeno quella soglia. Per questo si sforza di apparire a far piani e tagliar nastri. Ma a guardar bene le cose, il pericolo di una stanchezza totale dell’elettorato – del Pd e non solo – non è certo del solo Nardella, ma di un sistema che punta a portare al potere nominati e non eletti.

ELIMINATI – Ci si può chiedere perché Renzi abbia indicato Nardella senza far correre contro di lui sfidanti di peso come Giani o come l’attuale presidente della Provincia, Andrea Barducci. O Simone Gheri, sindaco di Scandicci in uscita. Tutti in qualche modo eliminati in anticipo. Nardella, forse, avrebbe vinto lo stesso. Ma ci sarebbe stata competizione vera, magari addirittura appassionante come quella che vide trionfare Renzi nel 2009. Così sembrano primarie degne di quei cantanti che, a Sanremo, facevano boccacce e strillavano solo in play back.

REGIONE -Per non parlare del nuovo, possibile inciucione che si sta paventando per la nuova legge elettorale in Regione. Pd e Forza Italia ripristinerebbero le preferenze, ma accompagnate da un listino regionale bloccato: i privilegiati inseriti lì dentro avrebbero il seggio sicuro. Senza doversi dar da fare per acchiappare voti. Ma a quel punto la gente potrebbe benissimo fare a meno di andare a votare. E per convincerla non basterebbero i proclami e i nastri tagliati all’ultimo momento.


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Sandro Bennucci

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