Uffizi, Sgarbi attacca: «Quella tavola Doria è una patacca!»
FIRENZE – E ora Sgarbi attacca anche gli Uffizi. Oggi, in occasione della presentazione alla stampa di una mostra alla Galleria Tommasi, di fronte a una domanda sulla recente esposizione della Tavola Doria agli Uffizi, Vittorio Sgarbi non ha saputo trattenersi. «È una patacca! … devo chiamare Natali… è una patacca da Porta Portese che non supera i duemila euro, quindi qualunque spesa che serva per esporla… e recuperarla è un crimine dello stato contro se stesso». Vittorio Sgarbi non è secondo a nessuno per impeto e passione e anche in questa circostanza non è venuto meno alla sua fama. A suo dire uno dei musei più importanti d’Italia non dovrebbe esporla. La Tavola Doria è da pochi giorni esposta nella Sala delle Carte Geografiche degli Uffizi nella quale rimarrà visitabile per quasi tre mesi, fino al 29 giugno.
Si tratta di un’opera di autore ignoto e che è stata oggetto di un recente restauro nonché di una serie di esposizioni a cominciare da quella al Quirinale. La sua fama si deve principalmente al fatto che la tavola ritrarrebbe un frammento della perduta Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci. Si tratterebbe della più antica testimonianza della famosa opera leonardiana e la cui attribuzione è ancora oggi oggetto di discussione. Alcuni sostengono si tratti di una copia eseguita dallo stesso Leonardo del suo capolavoro, mentre per altri è forse una derivazione dall’originale leonardesco eseguito da un artista fiorentino. Il dipinto è noto più come Tavola Doria dal nome della famosa famiglia genovese cui appartenne per quasi tutto il XVIII secolo. L’opera, che fu esportata illegalmente dall’Italia, vi è rientrata nel 2012 grazie ad un accordo intercorso tra il Ministero per i Beni e le Attività culturali e il Tokyo Fuij Art Museum. E’ stata assegnata dal Ministero alla Galleria degli Uffizi.
Un’opera la cui attribuzione è già molto controversa e verso la quale Sgarbi, chiamato ad esprimere un giudizio, ha voluto relegare nell’ambito non, delle copie, ma delle “patacche”, qualcosa di scarso valore o che comunque vale molto meno di quel che sembra. Un colpo basso per la Sovrintendenza e per il Ministero. In attesa di una prossima puntata e forse di una risposta rimane, quale fulmine a ciel sereno il giudizio colorito del critico d’arte. Sembra proprio che la Battaglia di Anghiari a distanza di più di 500 anni sappia infiammare i cuori degli italiani oltre che dei fiorentini. E dopo il mancato ritrovamento dell’opera leonardesca nel Salone dei Cinquecento adesso, anche quanto poteva rimanere della testimonianza di quell’opera sembra messo in discussione.
AGGIORNAMENTO ORE 19:00
Non tarda la replica di Antonio Natali, direttore della Galleria degli Uffizi. «Non commento – ha detto – lascio le polemiche agli altri: mi limito solo a dire che gli Uffizi accolgono la Tavola Doria, una riproduzione di una parte della Battaglia di Anghiari, tornata in Italia grazie ad un accordo con il Giappone dopo una complessa vicenda giudiziaria, su richiesta del ministero dei Beni culturali».
Interviene anche l’ingegner Maurizio Seracini, conosciuto in particolare per la sua «caccia> alla perduta «Battaglia di Anghiari» di Leonardo da Vinci e per i suoi studi sulle opere d’arte con strumenti ipertecnologici, come nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio. Sulla Tavola Doria «un cittadino qualunque in qualsiasi momento può chiederci: ma l’avete studiata scientificamente? Avete stabilito quando è stata fatta, come, con quali materiali, con quale tecnica? C’è una datazione scientificamente certa? Invece, finché non viene fatto uno studio scientifico mirato, chiunque può dire qualcosa, non solo Sgarbi».
«Oggi con la tecnologia è possibile ottenere molte risposte certe sul dipinto – ha detto Seracini – Si può capire se è una tavola antica coeva di Leonardo o una copia ottocentesca, se è affidabile la documentazione iconografica e così via. Non è giusto, né costruttivo che ci sia sempre una controversia su tutto, che tutto cada in polemica. Ha ragione Sgarbi? Non si sa, finché il dipinto non sarà studiato sul piano scientifico. Al pubblico vogliamo dare solo opinioni, polemiche, o una reale conoscenza dell’arte? Serve dare spazio alla scienza, qualunque cosa poi venga fuori».
Ravecca Massimo
Gesù di Nazaret, Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti avendo avuto un intelligenza simile, basata su processi ricorsivi, giochi di specchi, procedimenti inclusivi; hanno avuto un volto somigliante verso il termine della loro vita pur avvenuta in età e condizioni diverse. L’autoritratto di Leonardo assomiglia al ritratto di Michelangelo eseguito da Daniele da Volterra, e l’autoritratto di Leonardo assomiglia al volto sindonico (negativo). Il telo sindonico come un’opera rinascimentale, (l’immagine della ferita al costato della Sindone ricorda l’urlo del guerriero centrale della Battaglia di Anghiari di Leonardo; e ne sancisce la presenza nascosta nel Palazzo Vecchio a Firenze) , i quadri del rinascimento come icone. Gesù modello e volto archetipo del genio. Cfr. ebook/book. di Ravecca Massimo. Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo. Grazie.