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Firenze, la piena dell'Arno

Arno, rischio alluvione: casse d’espansione bloccate

Firenze, la piena dell'Arno
Firenze, la piena dell’Arno

FIRENZE – Forse non hanno avvertito Enrico Rossi, presidente della Regione, fiero sostenitore della necessità di mettere in sicurezza Firenze e la Toscana dal rischio alluvione. Cos’è successo? Una delle poche opere previste e finanziate, i lavori per costruire la cassa d’espansione di Pizziconi, a Figline Valdarno, che dovrebbe contenere quattro milioni e mezzo di metri cubi d’acqua durante le piene, sono rinviati, di fatto, di oltre due anni. Il commissario nominato dalla Regione per dare la spinta decisiva all’opera, sta inviando lettere ai proprietari dei terreni da espropriare, annunciando una proroga di due anni. E tutto questo appare in contrasto con le affermazioni dello stesso Tavanti, il quale aveva annunciato un cronoprogramma capace di prevedere entro giugno 2014 le procedure d’appalto e gli altri atti necessari per avviare i lavori. Motivo? Pare si siano materializzati contrattempi non previsti. Non manca chi ipotizza che il commissario abbia concesso la proroga prevedendo lentezze burocratiche. In ogni caso significa che la cassa d’espansione di Pizziconi, come tutte le altre opere per prevenire i devastanti capricci dell’Arno, non saranno pronte nemmeno nel 2016, ossia quando saranno celebrati i cinquant’anni dalla grande alluvione del 1966.

La lettera di proroga degli espropri
La lettera di proroga degli espropri

Ma il problema, naturalmente, non è la ricorrenza. Il punto fondamentale è che mezzo secolo dopo la devastazione che rischiò di far sparire Firenze come fosse stata una mitica Atlantide, il pericolo è rimasto tale e quale. Anzi aumentato da nuove costruzioni, cioè dal fatto di aver strappato nuova terra al fiume, di aver cementificato e asfaltato molto più di quanto non fosse avvenuto cinquant’anni fa. Tutto questo avviene in silenzio. No, anzi si verifica mentre si fanno convegni come quello che si è svolto oggi, 9 aprile, a Firenze, organizzato da Ance (l’associazione dei costruttori edili di Confindustria), Legambiente e ordini di architetti e geologi.

Qualcuno potrà giustificarsi dicendo che una cassa d’espansione da 4 milioni e mezzo di metri cubi non è determinante. Vero. Ma costruendola, lo Stato e la Regione avrebbero dato un segnale. Perché, lo diciamo per i istratti, per mettere al sicuro Firenze da un’onda micidiale come quella del 4 novembre 1966, occorre trattenere a monte una massa d’acqua da 200 milioni di metri cubi. Prima si comincia meglio è. Ma intanto si proroga l’avvio dei lavori. Allora viene da chiedersi: Enrico Rossi è stato informato?


Sandro Bennucci

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