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No al progresso senza limiti, no alle paure ancestrali

Il Cardinale Giuseppe Betori alla Messa per la Pasqua 2014
Il Cardinale Giuseppe Betori alla Messa per la Pasqua 2014

OMELIA Pasqua di Resurrezione 20 aprile 2014

Nella sequenza, che ci ha introdotti alla proclamazione del Vangelo, abbiamo cantato:

«Morte e Vita si sono affrontate
in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto;
ma ora, vivo, trionfa.
Sì ne siamo certi:
Cristo è davvero risorto».

​Parole della fede, parole impegnative. Esse entrano fin nel profondo dell’esperienza umana, là dove è messa in gioco l’aspirazione alla vita, che sorregge le nostre giornate, e l’esperienza della morte, che ne oscura l’orizzonte e sembra poter tagliare le ali a ogni slancio. Che morte e vita si affrontino in duello non è solo esperienza di Cristo, ma di ogni uomo e donna sulla terra, un’esperienza che, quando non tocca direttamente la nostra persona – perché ci sono dati fugaci giorni di quiete –, non manca però di pesare su qualcuno che ci è vicino e, in ogni caso, segna ogni giorno molte periferie dell’umanità. In questo, Gesù non si differenzia da noi, ed è proprio questo che fa della sua vicenda umana qualcosa che ci riguarda tutti.

​Eppure, nell’apparente somiglianza, c’è una radicale differenza tra la nostra esperienza e quella di Gesù, un vero e proprio ribaltamento. I termini sono sempre gli stessi – la vita e la morte –, ma, mentre la comune esperienza degli uomini percepisce la morte come il nemico che minaccia la vita, nell’esperienza della Pasqua del Figlio di Dio fatto uomo è la morte a essere minacciata dalla vita e venire alla fine sconfitta. «Dov’è, o morte, la tua vittoria?», si chiederà l’apostolo Paolo, e risponderà: «Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!» (1Cor15,55.57).

​Entrando nella prospettiva della Pasqua, l’uomo esce dalle sue paure, come pure dalle sue illusioni. Quanto alle illusioni, egli non può pensare il suo progetto di vita e così pure le sorti del mondo come un cammino di assoluta affermazione di sé, in cui, prendendo in mano la propria vita, gli sia possibile sfuggire a ogni limite; oppure, nell’ottica dello sviluppo sociale, sia possibile dare attuazione alle “magnifiche sorti e progressive”. Il progresso senza limiti e senza prezzo in umanità è un messaggio illusorio, di cui ci si vorrebbe far abbeverare, ma ogni volta si rivela un veleno mortale. Lo hanno mostrato in modo drammatico e cruento le ideologie del secolo scorso; lo stanno mostrando oggi le contraddizioni di ingegnerie genetiche e sociali. L’irriducibilità del limite, l’oggettività della morte e della croce, condanna ogni illusione. È un problema di realtà.

​Non meno decisiva è la Pasqua però anche per contraddire ogni paura dell’uomo, quella che frena gli slanci, che ci vede spesso stretti nelle funi di progetti troppo corti, che ci schiaccia sull’oggi impedendoci di aprire orizzonti al futuro. Anche la sofferenza per la pesantezza del presente caratterizza questo nostro tempo così contraddittorio. Inventori di noi stessi fino a spregio della nostra natura, spesso siamo però anche intimoriti di fronte alle nostre responsabilità, fino a rinunciare a giocarci nei rapporti sociali, a chiuderci agli impegni che chiedono di essere per sempre, ad alienarci da un mondo che non sopportiamo. A questa stanchezza opprimente, che rischia di farci schiavi della morte, risponde la Pasqua con l’annuncio che la vita di Dio ha sconfitto il potere della morte e ha risuscitato il Figlio.

C’è un momento della storia in cui con certezza l’apparente vittoria della morte si è ribaltata nella sua sconfitta. A quanti vogliono radicarsi in quel momento – cioè nella Pasqua del Signore – è data la possibilità di vincere la morte e di aprire orizzonti di vera vita. Scrive Papa Francesco: «È vero che molte volte sembra che Dio non esista: vediamo ingiustizie, cattiverie, indifferenze e crudeltà che non diminuiscono. Però è altrettanto certo che nel mezzo dell’oscurità comincia sempre a sbocciare qualcosa di nuovo, che presto o tardi produce un frutto. […] Ogni giorno nel mondo rinasce la bellezza, che risuscita trasformata attraverso i drammi della storia» (Evangeliigaudium, 276).

Il Papa invita alla fede, a credere davvero che la potenza della risurrezione di Cristo ha penetrato la storia. Per scorgerla occorre avere uno sguardo ben orientato, quello a cui ci ha esortati l’apostolo Paolo: «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3,1-2). Quaggiù e lassù, la terra e il cielo, non indicano due sfere separate, ma due prospettive tra loro contrapposte: quella della vita minacciata e quella della morte sconfitta. Non si tratta di abbandonare il mondo e il nostro impegno nella storia, ma di guardare al mondo e alla storia con gli occhi di Dio, con gli occhi di Colui che ha il potere di vincere la morte. Di qui la gioia del cristiano, di qui la speranza che alimenta il suo operare per i fratelli.

È lo sguardo di fede che anima anche Asia Bibi, la donna cristiana pakistana condannata a morte per una falsa accusa di blasfemia, che proprio in questi giorni ha inviato questo messaggio di speranza: «Credo con tutto il mio cuore, con tutte le mie forze e la mia mente che risorgerò. La salvezza verrà presto anche per me». Ricordiamo oggi al Signore Asia Bibi, e ricordiamola anche alla coscienza di quanti possono agire nel mondo per la sua salvezza, per la salvezza in lei della verità.

Scrive ancora il Papa: «La risurrezione del Signore ha già penetrato la trama nascosta di questa storia, perché Gesù non è risuscitato invano. Non rimaniamo al margine di questo cammino della speranza viva!» (Evangelii gaudium, 278). Ma non dimentichiamo qual è stato il cammino grazie al quale la croce di Cristo si è trasformata nella vittoria sulla morte: questo è accaduto perché su quella croce Gesù è salito per un dono d’amore all’umanità. La vittoria della vita sulla morte è strettamente legata alla scelta dell’amore invece dell’indifferenza e dell’odio. La novità che la Pasqua fa irrompere nella storia, personale e del mondo, ha il volto dell’amore e del farsi carico dell’altro, soprattutto del più debole. In ogni gesto di umiltà e di servizio si può scoprire il volto di un mondo nuovo, risorto. Non mancano segni di tal genere attorno a noi e ci aiutano a coltivare la speranza. Quella che muoveva Pietro e l’altro discepolo mentre correvano al sepolcro. Corriamo anche noi a scorgere i segni del Risorto nelle vicende della storia e, illuminati dalla sua Parola, accogliamo la fede in lui come un principio di vita sempre nuova.

Possa questa Pasqua del Signore aprire i nostri cuori a una convinta e operosa speranza. Buona Pasqua!

Giuseppe card. Betori
Arcivescovo di Firenze

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