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Piombino, l’altoforno della Lucchini prezioso come il David

Il destino delle acciaierie di Piombino tiene col cuore in gola migliaia di famiglie
Il destino delle acciaierie di Piombino tiene col cuore in gola migliaia di famiglie

Lo sappiamo tutti, ma talvolta ce ne dimentichiamo: la Toscana non è solo l’arte di Firenze, Pisa, Siena; il mare della Versilia e dell’Argentario; la neve dell’Abetone e dell’Amiata; le terme di Montecatini e Chianciano. La Toscana è, ancora, terra d’industria che non si deve perdere: che va rilanciata nel rispetto dell’ambiente, ma difesa fino in fondo, nell’interesse della regione e della produzione italiana­­­ e comunitaria.

EROE – Per questo, oggi, bisogna stringersi idealmente intorno all’eroe della giornata, Paolo Francini, operaio della Lucchini di Piombino, secondo polo siderurgico nazionale, che ha passato Pasqua e Pasquetta facendo lo sciopero della fame davanti ai cancelli dello stabilimento: dove domani, 23 aprile, o al massimo giovedì 24, smetterà di essere alimentato il mitico altoforno, simbolo della città. In sostanza, non ci metteranno più il minerale che consente di ottenere la colata d’acciaio. Sara’ invece caricato “in bianco”, solo con il coke. Segnando l’inizio di un’agonia che potrà durare al massimo un mese, prima della ripresa della produzione. O dello spegnimento totale. Che rappresenterebbe un incubo per i 4.000 operai della Lucchini, ma anche per i 560 dell’Arcelor Mittal che, per continuare a lavorare, fidano sulla ripresa del polo siderurgico. In tutto sono circa 5 mila posti di lavoro. Ma molti di più, naturalmente, se consideriamo l’indotto.

MASSA – Se l’altoforno dovesse spengersi per sempre, sarebbe una nuova iattura per la Toscana così come è stata la progressiva deindustrializzazione della provincia di Massa Carrara. Lo spegnimento della ciminierona che si vedeva dall’autostrada fu il segnale del declino. Molti, politici e amministratori in testa, promisero riconversioni ambientali mai realizzate. Ora Piombino, l’intera provincia di Livorno e le zone confinanti che forniscono gran quantità di manodopera alle acciaierie rischiano la stessa fine. Al milione di famiglie senza nessun reddito censite dall’Istat, se ne dovrebbero aggiungere altre migliaia che vivono nel cuore della Toscana.

SOLUZIONI – Governo e Regione Toscana stanno discutendo un accordo di programma capace di favorire il rilancio. Il governatore, Enrico Rossi, ci mette 60 milioni (oltre ai 50 già stanziati per l’ampliamento del porto con la speranza di poter smantellare la Concordia) e la faccia. Occorrono segnali da Palazzo Chigi. Ma soprattutto occorre che siano concrete le offerte d’acquisto. Passata in secondo piano quella presentata dal gruppo Smc del magnate arabo Khaled al Habahbeh, potrebbe avere la meglio la società indiana Jsw. Ma la partita sembra aperta. Smc group, su cui i lavoratori avevano puntato molto per la volontà espressa dal suo presidente di salvaguardare occupazione e altoforno acceso, sulla sua pagina facebook, annuncia una conferenza stampa di presentazione per il 15 maggio. Altri giochi? Strategie di mercato? L’altoforno da cui smette di scendere la colata d’acciaio è più di un allarme rosso. Per la Toscana è il rischio di fallimento totale della politica industriale. Per molte famiglie è peggio: cioè l’avvio della disperazione.


Bennucci

Sandro Bennucci

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